domenica 24 giugno 2012

Canta che ti passa


Ascoltare musica mentre si viaggia in moto, un’operazione molto complicata. Le opzioni sono due: usare gli auricolari, vietati dal codice della strada e sconsigliati per ragioni di sicurezza, o farsi una Honda Gold Wing con tanto di impianto hi-fi da far tremare le strade d’Europa. La prima è illegale, la seconda costosa.
In fondo però c’è una terza possibilità, più alla buona, poco duratura, ma esaltante. Cantare le canzoni a squarciagola sotto il casco, il quale – tra l’altro – funge anche da cassa amplificatrice. Chi non l’ha mai fatto?
Riuscirei ad accostare una canzone ad ogni piccolo grande viaggio in moto intrapreso negli ultimi anni. Anzi penso proprio che, dal prossimo itinerario pubblicato su queste pagine, segnalerò ogni volta la canzone più cantata sotto il casco. Immaginarsi cantanti sopra un palco mentre si guida la moto è liberativo ed esaltante: puoi urlare forte e fregartene se stoni o se sbagli le parole, tanto, a parte la visiera, non ti sente nessuno. È un classico mentre si affrontano tratti noiosi come l’autostrada o gli scorrimenti veloci, in attesa di scenari più impegnativi per il cervello.
Penso tutto ciò mentre percorro noiosamente il GRA sulla Scrambler, quei tipici pensieri irreali che solo in moto possono saltar fuori… Ragiono sul fatto che noi comuni mortali non siamo mica gli unici a cantare sotto il casco: anche i cantanti veri intonano le proprie canzoni preferite dietro la visiera. E probabilmente alcuni di loro riescono a trarre ispirazione per un brano di successo proprio in momenti come questo.
Immagino Lorenzo Cherubini, da sempre appassionato di due ruote, nonché grande amico di Valentino Rossi, mentre elabora i suoi versi proprio in sella alla sua carotona KTM. Oppure l’eterno Max Pezzali, comodo sulla sella bassa della sua custom Harley Davidson, mentre dando gas cerca le parole per una nuova canzone…
Proprio questi due artisti sono tra i pochi autori italiani ad aver scritto canzoni in cui si parla di moto.
Agli esordi (era il 1989), Lorenzo Jovanotti intonò una canzone completamente dedicata alla sua passione per la moto, non ho ancora capito se si trattò di un’idea sua o del suo talent scout di allora, l’astuto Claudio Cecchetto. “La mia moto” era una filastrocca di poche pretese, adatta ad un pubblico di teenager. Alcune parti del testo però, possono rappresentare un “primordiale” comune denominatore per la categoria biker: “Mi guardo quando passo sui vetri dei negozi, mi accorgo che con lei mi sento proprio Fonzie. Lei non è mai gelosa, non è mai preoccupata, per essere sorridente basta una lucidata”. Dall’alto della suo estro e illuminato da intelligente autoironia, Lorenzo la accenna spesso durante i concerti live, in mezzo al medley dei suoi primi successi.


Anche Max Pezzali, quando ancora pubblicava i dischi con lo pseudonimo 883, ha composto una canzone ispirata dalla grande passione per le moto e in particolare per le Harley. Non a caso per dar nome al suo progetto artistico scelse proprio la celebre cilindrata che storicamente equipaggia le Sporster di Milwakee. Nel 1996 usci l’album “La dura legge del gol”, che, tra le altre, conteneva “Un giorno così”, brano in cui Max trascrisse, con il suo stile semplice e sincero, tutte le emozioni suscitate da un giro in moto: “La mia moto scorre piano piano fino in città, il sole tra non molto tramonterà. Mi fermo al rosso del semaforo che mi dà, tempo ancora un po' prima che la mia moto torni al suo garage. Il bambino su quell'auto guarda indietro e vede me, alza il braccio, fa un saluto”. Quante volte è capitato a ognuno di noi…


Tornando molto più indietro negli anni, la più celebre in assoluto è senza dubbio “Il tempo di morire” composta da Mogol e cantata da Lucio Battisti nel lontano 1970. Allora ero ancora nella mente del Signore. Per fortuna, un ventennio dopo, nel 1990, fu reinterpretata in chiave più contemporanea nientemeno che dai Litfiba di Piero Pelù e Ghigo Renzulli. La canzone, in sintesi, racconta di un disgraziato innamorato di una tipa. Lei non sembra così disponibile e lui, in cambio di poter “morire” tra le sue braccia, le offre addirittura la sua "motocicletta tutta cromata 10 hp". Tradotto: “Se me la dai, la moto è tua”… Qualcuno di voi lo farebbe?


Un’altra famosa canzone italiana (era il 1993) in cui si fa accenno alle due ruote a motore è “Mare mare (Bologna – Riccione)” di Luca Carboni, inclusa in “Carboni”, lo stesso album che contiene il tormentone per palestrati “Ci vuole un fisico bestiale”.  “Mare mare” non può non essere rimasta nell’immaginario dei biker che, ascoltandola alla radio nei primi anni ’90, fantasticavano su freni e frizioni. Poche parole che dicono molto, raccontano una storia comune a tanti ed esprimono una gran voglia di libertà: “Ho comprato anche la moto, usata ma tenuta bene; ho fatto il pieno e in autostrada, prendo l’aria sulla faccia. (….) Son partito da Bologna con le luci della sera, forse tu mi stai aspettando mentre io attraverso il mondo”. Brividi.


La moto è un piacere, una panacea per evadere dalla realtà. Se poi intoniamo un motivetto sotto il casco, le cose non possono che andar meglio. Ecco perché si dice “canta che ti passa”!

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