venerdì 6 gennaio 2012

La Dakar e Fabrizio Meoni


L’evento motoristico che da sempre mi appassiona di più, superando Motogp, SBK e F1, è la Dakar. Non soltanto per il mio amore mai sopito per l’offroad. Se chiudo gli occhi e penso alla Dakar mi tornano in mente gli anni in cui da ragazzino seguivo la corsa su Italia 1: ogni sera, tardi, molto tardi, scattava l’imperdibile speciale con il commento di Nico Cereghini e le immagini delle endurone Honda e Yamaha che sfrecciavano lungo il deserto polveroso. Andavo ancora a scuola, per questo in me è rimasto vivo quel sentimento di libertà, ispirato dal legame tra raid e vacanze di Natale: se si correva la Dakar, non c’era scuola…
Molti di noi sognano di correre la Dakar. In piedi sulle pedane a sfrecciare sulla sabbia desertica a 140 all’ora, con gli scarichi non omologati che urlano nell’aria congelata dell’alba. O dormire nel bivacco accanto al fuoco con la moto li accanto pronta per una nuova sfida. A me andrebbe bene anche solo andarla a vedere come spettatore o magari – chi può dirlo – come cronista o fotografo (dilettante...)!
Torniamo con i piedi per terra. Oggi seguire la corsa non è così semplice. Ok c’è Eurosport che dedica tre speciali al giorno. Ma io non amo la tv, non voglio essere schiavo di Sky e per questo al 42’’ LCD Full HD preferisco ancora la mia fedele tv vintage Telefunken a tubo catodico. Anche Rai Sport, sul digitale terrestre, dedica quotidianamente qualche speciale alla gara, ma non si è ancora capito quando e secondo quale ordine. Televideo invece, a  pagina 260, offre un aggiornamento quotidiano. Non tempestivo ma c’è. Online va già meglio, è più semplice rastrellare qualche informazione in real time in lingua francese o spagnola. Poi ci sono i quotidiani: vanno bene per l’approfondimento, ma bisogna attendere il giorno dopo. Consuetudine antidiluviana.

Fonte: agenziainformatica.com

L’edizione 2012 della Dakar ha già causato una vittima, lo spagnolo Boero, e speriamo che entro il 15 gennaio, quando il raid si concluderà, la tragica lista non si allunghi. Non sopporto i critici della Dakar e come noto odio la retorica. Piuttosto, proprio in coincidenza con lo svolgimento della Dakar e in occasione del settimo anniversario dalla tragica scomparsa in gara, trovo doveroso iniziare il nuovo anno di conlamoto.it dedicando uno speciale a Fabrizio Meoni, uno degli specialisti italiani del deserto che più ha emozionato gli appassionati di due ruote e di competizioni motoristiche in genere.
La sua storia è nota. Tenace, sanguigno, guerriero. E, come tutti i forti di spirito, generoso di cuore. Classe 1957, cresciuto a pane e enduro nella Val di Chiana, inizia una intensa carriera tra competizioni di ogni genere in sella alle moto più affascinanti dell’epoca compresa tra gli anni ’70 e anni ’80: Ancilotti, Beta, SWM, Fantic Motor e KTM.  Nel 1978 ottiene uno dei primi benefit: Valdambrini, concessionario di Arezzo, gli consegna un furgone Fiat 238 per le trasferte. Fabrizio trova il tempo di aprire una concessionaria di moto, la Steels, nella sua Castiglion Fiorentino. Nel 1988, senza troppi allenamenti, è Campione Italiano Juniores Enduro 250cc. Due anni dopo scopre l'Africa e partecipa su una KTM 500 2 tempi al Rally di Tunisia.

Fonte: agenziainformatica.com

La Parigi – Dakar arriva nel ’92: "Il mio sogno!", dichiara Meoni. In sella alla Yamaha XTZ660 è primo tra i privati. Otterrà anche il terzo posto al Rally dei Faraoni. Di nuovo in Africa nel ’94 (3° classificato) e nel ‘95 con la Honda XR 600 Dallara: a causa di mancanza di uno sponsor, Fabrizio rischia di non partecipare a quest’ultima edizione. Ma Vito Consoloni, titolare della UFO, decide di pagare l'iscrizione. Meoni è in gara ma senza meccanico, assistenza e budget. Non è tutto: le coliche renali che lo attanagliano per tutta la gara e i medici cercano di convincerlo a fermarsi. Ma non molla: conquisterà il quarto posto nella classifica generale: "È stata per me la Dakar più difficile… ma anche la più bella". La forza del campione inizia ad emergere.

Foto: afp

Da quel momento Fabrizio vincerà molte gare desertiche importanti e parteciperà a tutte le edizioni successive della Dakar, sempre in sella alla KTM. Il primo trionfo assoluto arriva nel 2001 e sarà bissato l’anno successivo grazie alla LC8, una pericolosa e potente belva da deserto, con la quale nessun pilota avrebbe mai voluto correre, appositamente sviluppata e collaudata da Meoni ed il suo staff, tra cui lo storico meccanico Romeo Feliciani, per cui Fabrizio “era come un fratello maggiore”. Nel 2003 la pesante KTM 950 Rally di Meoni si dimostra meno efficace delle monocilindriche dei sui avversari e si piazza terzo. Memorabile la vittoria della quindicesima tappa, quando ferito e dolorante riesce ad arrivare davanti a tutti.
Le vittorie negli ultimi anni radicano il legame tra Fabrizio e il continente nero. Così nel 2001 il campione finanzia con generosità la realizzazione di un salone polivalente a M’Boro, Senegal, nei pressi del Lago Rosa. Seguiranno una scuola a Dakar, una clinica mobile in Tanzania, la ristrutturazione della missione di Senegal, un pozzo in Togo e molti altri obiettivi. Ma soprattutto la fondazione dell’Associazione Solidarietà in Buone Mani, con lo scopo di aiutare l’Africa: “Questa terra mi ha dato tanto, è giusto che io restituisca qualcosa all’Africa per aiutare i più deboli”, dichiara Meoni durante la cerimonia d’inaugurazione.

 
Fonte: fondazionefabriziomeoni.it

La linea dell’ultimo traguardo è sempre più vicina per il campione toscano. Nell’edizione 2004 della Dakar non va oltre la sesta posizione in classifica. Quell’anno gli riserva un evento premonitore che lo segnerà profondamente: il tre volte vincitore della Dakar, Richard Sainct, compagno di squadra e rivale storico, muore durante il Rally dei Faraoni. "La cosa che faccio fatica ad accettare", dichiara Meoni, "non è tanto la sua morte, quanto che la sua famiglia sia rimasta sola. Ho 47 anni, ho avuto tanto, e ora vorrei stare a casa ad annoiarmi".
11 gennaio 2005, Mauritania, undicesima tappa Atâ –Kiffa della ventisettesima edizione della Dakar. Fabrizio spinge la sua KTM 660 Rallye oltre ogni limite, nel tentativo di non concedere altro tempo al suo rivale, il compagno di squadra Cyril Despres che lo precede in testa alla classifica generale con 9’ di vantaggio.
Il giorno prima la Dakar aveva mietuto un’altra vittima, lo spagnolo Jose Manuel Perez. Meoni, addolorato, dichiara: "Queste notizie rappresentano il lato brutto della gara. La Dakar ha fascino, fa parte della nostra passione, ma certe cose si vorrebbe che non succedessero mai".
Sono le 10 passate, Fabrizio ha appena superato il secondo punto di controllo e ha già percorso 180 km planando ad alta velocità sullo sterrato africano. Sotto il casco bollente sente tutto il peso dell’esperienza, la fatica degli ultimi anni, la pressione dei media e degli sponsor. Ripensa a Richard, a Jose e al dolore che gli hanno lasciato dentro. Ma si fa coraggio, sostenuto dall’affetto dei fan e soprattutto dall’amore di Elena, Gioele e Chiara, della sua famiglia, dei bimbi senegalesi, degli amici di sempre. Ha già deciso che questo sarà il suo ultimo raid, ma spinge. Continua a spingere forte sul gas. Puro istinto.
Sono le 10.15. Al km 184 qualcosa va storto, Meoni cade improvvisamente dalla sua KTM. La botta gli causa la rottura di due vertebre cervicali. Forse muore sul colpo o forse è un arresto cardiaco a portargli via la vita per sempre.

Foto: afp

Appena caduto, Fabrizio viene raggiunto dai compagni che viaggiavano alle sue spalle: Esteve, Coma e Fretigné. Il pilota francese accende la radio, chiama i soccorsi, gli stringe la mano e rimane al suo fianco. Il primo elicottero non arriva prima di 20 minuti. I medici tentano di rianimare Meoni con un massaggio cardiaco di ben 45 minuti. Invano.
Tagliato il traguardo di tappa e appresa la notizia della morte di Meoni, il pilota Cyril Despres crolla in ginocchio, in lacrime, senza neanche sfilarsi il casco. Marc Coma e Esteve Pujol si rannicchiano in terra, affranti, con la testa tra le braccia. Alain Duclos, siede attonito sulla sabbia mauritana, si dispera, anche lui con il casco ancora in testa. Smarrito per la notizia tragica anche Stephane Peterhansel, il veterano delle due ruote passato alle auto.
Valdimiro Brezzi e Piero Picchi, grossetani, amici di Fabrizio, in gara nelle auto con una Toyota 100 Land Cruiser, decidono di lasciare la Dakar in segno di lutto. Lo avevano incontrato al bivacco la mattina dell' incidente. Ora non hanno più la forza di continuare.
Tra le lacrime, il pilota francese Jean Brucy racconta che qualche sera prima Fabrizio gli confidò che contava i giorni che mancavano all' arrivo: “Negli ultimi dieci anni sono stato un egoista. Ora devo rimediare e pensare alla mia famiglia”.
Un alto compagno di squadra di Meoni, il cileno Carlo de Gavardo, ritirato dalla competizione per una brutta caduta durante la sesta tappa, racconta: "La morte di Fabrizio mi ha colpito tantissimo. Fisicamente era l'immagine della salute, era un pilota completo. Tutta la mia famiglia lo conosceva e lo rispettava".

Foto: afp

L’undicesima tappa della Dakar 2005, categoria moto, viene annullata. Su tutti i mezzi, auto e camion che proseguono per Bamako un foulard nero ricorderà la tragica scomparsa del campione toscano.
All’indomani della scomparsa di Fabrizio Meoni, tutti i giornali lo ricordano con titoli a caratteri cubitali: Vittima della sua passione, La scomparsa di un mito, La Dakar di troppo di Fabrizio Meoni, Il rallye-raid perde un'altra icona, La Dakar perde un gigante. Il quotidiano francese L’Equipe scrive: per Fabrizio la Dakar 2005 doveva essere l’ultima avventura al più prestigioso rally al mondo, ma il destino ha deciso di portare con se “il gigante e lo spirito della Dakar”.
Il presidente della Federazione Motociclistica Italiana, Paolo Sesti, dichiara: "Pur non vedendo quasi mai la polvere degli avversari, Meoni li rispettava sempre ed aveva un grande senso della giustizia. Sarà ricordato per le sue imprese sportive, ma soprattutto per la sua umanità e per quello che ha fatto per i ragazzi d'Africa".

Foto: afp

I progetti e le attività solidali del pilota toscano hanno resistito alla scomparsa suo ispiratore. Nel 2006 è nata la Fondazione Fabrizio Meoni Onlus che, presieduta proprio dal compagno e amico Cyril Despres, continua l’impegno a favore dei paesi poveri.
Non ho mai conosciuto Fabrizio Meoni, ma avrei tanto voluto intervistarlo. E forse, dopo l’intervista, gli avrei chiesto di andare a fare un giro in moto insieme, lungo gli sterrati della sua tanto amata Val di Chiana.


Foto di apertura: afp

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4 commenti:

  1. alessandro di mercurio7 gennaio 2012 alle ore 14:19

    veramente bello e commovente! il deserto ha voluto trattenere l'anima del grande fabrizio... molti si chiedono perchè i possessori di ADV si sentono motociclisti "privilegiati"? perchè era la SUA moto... ecco perchè!

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  2. Anche io amo la Dakar, nonostante amare la Dakar sia come amara il TT, un gruppo di gente che sfida la sorte ogni metro.
    Però ha un fascino incredibile, se dovessi indicare un sogno motociclistico credo che dune e deserto sarebbero comrpese.
    Garzie per il ricordo di Fabrizio Meoni, un pilota che è stato molto più di quello che wikipedia può aiutarci a ricordare.

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  3. A nome della Fondazione e della famiglia Meoni si inviano sentiti ringraziamenti per lo speciale dedicato nel sito. E' stata e sarà nostra cura segnalare a tutti coloro che ci seguono il sito e l'articolo.
    Grazie ancora e cordiali saluti
    Alessandro Bennati
    Fondazione Fabrizio Meoni

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    1. Questo per me e per il blog è un gran privilegio e una gran soddisfazione. Grazie!

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