domenica 26 giugno 2011

BMW R65 “Homeless Ghost”


Non c’è una volta che non mi riprometta “Ok, oggi si va a fare un giro a piedi in centro solo per chiacchierare e prendere un gelato e una boccata d’aria”, senza che non mi smentisca puntualmente. Finché c’è da ammirare una bella special, una F3, una Paris Dakar o qualsivoglia modello a due ruote dal fascino indiscutibile, riesco ad agire con nonchalance, grazie ad un abile uso della vista periferica e a un rapido ricorso alla coda dell’occhio, agevolato da lenti da sole che rendono l’operazione più agevole e celata. Ma quando si presentano situazioni che sembrano comandate da un’entità motociclistica sovrannaturale, frutto di una probabilità inversamente proporzionale a quella che mi accompagna in ricevitoria quando gioco al Superenalotto, allora non riesco proprio a far finta di niente: addio promesse, inutile prendersi in giro. Certe cose sono segni del destino.
 
Il posteriore della R65 mette in bella mostra l'inconfondibile
estetica del boxer tedesco.

E allora eccomi, a due passi da piazza San Pietro, a scovare, davanti a un marciapiedi su cui affaccia la bottega (chiusa) di un meccanico di biciclette, la carcassa, non ancora completamente depredata, di quella che sembra essere una vecchia cara BMW R65. Che accidenti ci fa lì in quelle condizioni? È ancora targata e dotata di diverse parti di carrozzeria e apparati vari: cerchi originali e ruote (gonfie), motore (mancante di condotti, cavi elettrici e quant’altro) serbatoio (malamente riverniciato), collettori (mancanti di terminali), coppia di ammortizzatori posteriori, impianto frenante, forcella e manubrio. Perciò l’ho immediatamente ribattezzata “Homeless Ghost”.

L'anteriore della R65: spiccano il paramotore, i catarifrangenti
sulle forcelle e il disco singolo. La manopola sinistra, priva
di leva, è l'unico elemento superstite sul manubrio.

Dinnanzi ad essa inizio a fantasticare un po’. Ora, le ipotesi da percorrere circa la presenza di uno scheletro malandato di un modello così appetibile, ricco di appeal e ricercato dagli appassionati, possono essere due. La prima, la più auspicabile, è quella di un collezionista che, finalmente, dopo anni di ricerca, può iniziare a dare il via al proprio sogno nel cassetto: trovare un vecchio boxer bavarese impolverato nel garage di un ignaro possessore, con cui fare un affare di poche centinaia di euro, rimetterlo in sesto e riportarlo ai fasti di un tempo. Un’avventura emozionante ed appagante, certo più stimolante della semplice idea di recarsi presso un concessionario, staccare un assegno dal almeno 8000 euro e portarsi a casa un modello fresco di fabbrica.

Sulla parte destra della bavarese si notano i bellissimi cerchi, il freno a tamburo posteriore, la trasmissione a cardano e il logo dell'elica ancora ben visibile sul serbatoio rivernciato.

La seconda ipotesi, più malinconica, è quella di un proprietario attempato che, stanco di ovviare alle tante magagne del vecchio impianto elettrico della tedescona, dopo una rimessa lunga almeno un decennio, decide di liberarsene e di cederla ad un astuto meccanico di moto pronto a spogliarla delle parti ancora in buono stato per arricchire la moto usurata di un cliente esigente e disposto a pagar bene. Mors tua vita mea.

Dettaglio del serbatoio, su cui una mano impietosa ha inciso
un'originale dedica d'amore.

Quando l’indomani, come per accertarmi se possa aver bisogno di qualcosa,  ripasso dallo stesso luogo per ammirare ancora una volta la vecchia R65 abbandonata e renderle omaggio, il posto moto è vuoto. Qualcuno l’ha portata via. Verso una vita migliore, a percorrere ancora centinaia di chilometri cavalcata dal suo nuovo fiero proprietario, o verso la fine estrema dei suoi giorni, smembrata delle sue parti vitali e diretta verso la fredda indifferenza dello sfasciacarrozze.

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domenica 19 giugno 2011

Siamo tutti vintage victims?


Lo ammetto, faccio parte della folta schiera di quelle che ribattezzerei le vintage victims. Forse perché da un paio d’anni sono entrato nel target d’età 35-44.  Di conseguenza sembra naturale per me aggrapparmi all’effetto evocativo dei modelli che spopolavano all’epoca dei miei vent’anni. Quando, in tempi non sospetti, acquistai la mia Triumph MC, la massa considerava la Bonnie un mezzo cancello e la Scrambler un esperimento di marketing con scarse probabilità di sopravvivenza e con un discutibile scarico laterale che preoccupava i più scettici (“ti bucherà i jeans”, “ti arrostirai il polpaccio”, “la tua zav ti rinfaccerà a vita quel silenziatore incandescente sulla coscia”…). Una scelta vintage friendly per cui fu necessario un pizzico di follia mista a una spolverata di romanticismo jamesdeaniano.


La parola vintage proverrebbe dal latino vendimina (vendemmia) e dal francese l'age du vin, che indica il grado di pregio di un vino tipico di una particolare annata. Come confermato dagli studenti di Marketing, Consumi e Distribuzione Commerciale dell’Università IULM di Milano, quello del vintage è un fenomeno che “si nutre del passato e si ripropone nel presente per lanciarsi nel futuro. Una lotta eterna tra memoria collettiva, ovvero la moda, più diffusa tra le fasce di età giovani, e memoria sociale, cioè la tendenza a replicare le nostalgie del passato, incorporando abitudini, usi e stili del tempo che fu nelle pratiche di consumo moderne, tipica delle fasce più adulte”.
Ma sarà poi vero che questa attrazione verso la rievocazione del passato, in base alla memoria e alla nostalgia, si fa così evidente intorno ai famigerati anta?


In occasione della pubblicazione del cliccatissimo post della scorsa settimana, dedicato al fascino eterno della Moto Guzzi California, ho ricevuto e letto con attenzione tutti i commenti dei lettori, anche quelli sulla pagina Facebook e sui vari forum motociclistici a cui sono iscritto. Il dibattito si è acceso sul confronto tra la necessità di investire ulteriormente in “operazioni nostalgia” e quella di continuare a ricercare l’innovazione stilistica. Il commento che più mi ha colpito è quello di SuperIII, il quale afferma: “E vabbè, ma si finisce sempre per guardare sempre più indietro invece di guardare avanti...”. Il punto sembra essere stato centrato in pieno perchè il fenomeno del restyling di modelli storici da parte delle case costruttrici è sempre più diffuso ed evidente. Degna di nota la replica di Natan: “Avanti, indietro: il buono c'é da entrambi i lati... chi vuole il nuovo a tutti i costi e rinuncia al vecchio, é vecchio dentro, tanto quanto quello che rifiuta...”. Insomma il vintage è avanti. E continua: “Il mercato europeo fa bene a distinguersi da quello jap mantenendo un legame con il passato...”. Due posizioni diverse quindi, una a favore dell’innovazione stilistica e l’altra più conservatrice.


Sono sempre di più i nuovi modelli disponibili sul mercato, creati come reinterpretazione dei classici del passato. Triumph è stata forse la prima a crederci e, con il gruppo delle Modern Classic, Bonneville, America, Thruxton e Scrambler, si ritaglia da anni una discreta fetta di apassionati. Anche Ducati ci ha provato tempo fa con le Sport Classic. Così anche Kawasaki, con la recente W800, Guzzi, con la V7, e persino Yamaha, con Tenerè e Supertenerè. Senza dimenticare il rilancio della straclassica Vespa PX da parte di Piaggio, il consolidamento delle monocilindriche Royal Enfield o il ritorno del marchio Norton. Un fenomeno già collaudato nel settore auto, attraverso modelli trendy come Mini, New Beetle o 500, per fare qualche esempio. Questa tendenza, che, per utilizzare un termine che mi ricorda la prof di Italiano e Storia, si potrebbe denominare neoclassicismo motociclistico, è la conseguenza più naturale dell’affannosa e costosa ricerca di nuovi spunti stilistici da parte del mercato recente.


Anche in tema di motociclette, non mi è mai piaciuto fare l’anarchic. Proprio non mi vedo a girare per Roma su un Honda DN-01 o su una, peraltro affascinante, VFR1200F. Ma anche la definizione di bacchettone mi va stretta e certo non arriverò mai a dire: “quelle degli anni ’70 si che erano vere moto!”. Tuttavia, per quanto mi sia impossibile negare il crescente fascino che certe moto d’epoca e certi restyilng esercitano in me, credo che l’intero settore non possa fare a meno di guardare avanti, alla ricerca di nuovi spunti, nuovi modelli, nuovi propulsori, nuovi crossover e nuovi esercizi stilistici. Anche perché, finchè non uscirà una nuova rivoluzionaria idea, una nuova CB Four, una nuova 883, una nuova Bonneville, una nuova XT600 o una nuova Monster, nessuno dei nostri pronipoti potrà mai trasformarsi in una futura vintage victim. Né potrebbe vivere l’impareggiabile goduria di guidare un modello che avrà fatto la storia delle due ruote…

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lunedì 13 giugno 2011

Moto Guzzi California: anima indissolubile


Da qualche tempo a questa parte mi sono persuaso che quando una moto viene provocatoriamente definita cancello, allora quella è una moto con un’anima. Di esempi da citare ce ne sarebbero mille, a ognuno di noi ne saltano immediatamente in mente almeno un paio. Ma ce n’è uno che secondo me supera ogni altro. Anni fa, su una blasonata rivista specializzata, leggevo che “a Mandello del Lario dovrebbero darsi una svegliata, se dopo tanti anni il modello più venduto resta ancora la California”… Le penne avvelenate dei commentatori esisteranno sempre, ma questa affermazione è doppiamente folle. Uno, perché è stata rapidamente smentita dall’arrivo sul mercato di nuovi modelli e da un progressivo miglioramento qualitativo evidente; due, perché, anche se la Moto Guzzi California restasse per sempre il modello più venduto del glorioso marchio italiano, signori miei, tanto di cappello!
La California è un classico, un evergreen, come il maggiolone o la 500. Ed è proprio la bontà del progetto a giustificare la sua incredibile longevità e la sua capacità di conquistare generazioni di biker di tutto il mondo. Persino Ewan McGregor, appassionato motociclista, non ha resistito ad ordinare una Vintage bianca anche se il modello in listino era disponibile solo in nero!

Le prime California arrivano nei primi anni ’70 sulla base del V7, modello creato dalla Guzzi per il LAPD, la Polizia di Los Angeles. Per questo prendono il nome dal tiepido stato americano. Pedane larghe, sella ampia e manubrio a corna di bue permettono una guida confortevole, con la posizione delle mani arretrata e quella dei piedi avanzata. Poiché il progetto del V7 era basato su una specifica richiesta del Ministero dell’Interno italiano per le Forze di Polizia, Carabinieri e altre pubbliche amministrazioni, la Cali dimostra da subito robustezza e facilità di manutenzione. Doti che ne decretano il successo anche in America: da non perdere la scena del film Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan in cui si vedono sfrecciare parecchi V7 della polizia americana. Gli yankee però sono abituati allo stile Harley e Indian, così l’importatore richiede a Mandello un modello più “americaneggiante”, modificato con leve freno e cambio invertite, per evitare che i poliziotti americani, abituati a rallentare con il piede destro, si ritrovino a scalare erroneamente la marcia anziché frenare…

Estate 2005: il V7 California di Motopesantista attrezzato per il campeggio in Toscana.

La California ha segnato quasi 40 anni storia del motociclismo, confermando a ogni tappa la fama di moto robusta, affidabile e quasi indistruttibile. E i tanti modelli sparsi per il mondo ne sono la dimostrazione. Inizialmente era solo una variante dei modelli V7 e T3, ma nel tempo ha subito un sviluppo tecnologico autonomo. Le tappe principali della sua storia possono essere così sintetizzate:
1971 - California V7: telaio a doppia culla chiuso e freni anteriori e posteriori a tamburo. Solo gli ultimi esemplari montavano i freni anteriori a disco.
1975 - California T3: la prima con telaio aperto Tonti (dal nome del progettista).
1981 - California II: l’inizio della California come modello specifico.
1987 - California III: arriva l’iniezione elettronica.
Seguono la EV (1997), la Special e la Jackal (1999), la Stone (2001), fino alle recenti Classic, Vintage e Aquila Nera

La storia in generale è sempre stata una delle mie passioni e declinarla alle motociclette ultimamente mi viene automatico. Per essere diffusa in maniera obbiettiva però, la storia ha bisogno di testimonianze dirette, perciò, per raccontare in dettaglio quella di questo affascinante modello, orgoglio del motociclismo italiano, ho chiesto consulenza a due amici biker, fieri possessori e cultori della California: Tommy “Motopesantista” e Fabio “Califoggiano”. Il primo ha 45 anni e fa il tecnico informatico a Bologna e in giro per l’Italia; il secondo, 32enne, è capo stazione nella provincia bergamasca. Il loro è un lavoro impegnativo che richiede responsabilità e concentrazione. Quando arriva un giorno di riposo, il loro modo per ritrovare equilibrio e serenità è uno solo: avviare il bicilindrico a V e godersi il viaggio. Motopesantista sfreccia via dalle mura bolognesi verso l’Appennino, fino al passo della Raticosa o fino a Barberino, passando dalla Futa. Verso i Monti del Corno, le Scale e l’Abetone, passando da Zocca o Tole’. O verso il Giogo, attraversando la Montanara Imolese. o Ancora verso Val di Setta e il lago di Suviana. Califoggiano punta la sua Stone verso il Lago d'Iseo, il Lago d'Endine, spingendosi anche fino al Garda. O si arrampica sui passi: il Vivione, il Crocedomini, il San Marco, l'Aprica, il Gavia, lo Stelvio.

Estate 2008: la Stone di Califoggiano in quello che sembra il deserto del Sahara
ma è semplicemente uno suggestivo scorcio di Toscana.

Entrambi iniziano la propria carriera di centauri a 14 anni, il primo in sella a Gilera 124 usato, il secondo su un Piaggio Sì smarmittato. Crescendo, entreranno entrambi in contatto con la Cali. “Era il 1976, avevo 10 anni”, racconta Motopesantista. “Un giorno vidi parcheggiato un bestione scuro con un’enorme sella bianca e nera, comoda come il divano di casa. Notai che aveva persino le frecce e la cinghia come le auto, mentre dal lato destro spiccava una “strana cosa” da cui partivano i cavi delle candele. Mentre tutti gli altri stavano piegati sulle proprie moto a fare forza sulla pedivella d’accensione, al proprietario bastò pigiare un pulsante per metterla in moto. Wow! Sembrava incredibile per quei tempi…”. Per trovare un V7 California che assomigliasse a quello che lo folgorò da bambino, Tommy dovrà attendere di compiere 22 anni: “Acquistai un esemplare usato abbastanza usurato, sia di ciclistica che di motore. Poi recuperai un V7 della stradale in uno sfascio: mettendone due insieme ne ottenni una! Ma non era certo come l’originale dei miei sogni. Solo dopo altri 13 anni riuscii a trovare un V7 Cali del ’74 originale in tutte le sue parti! Quella moto aveva 24 anni. Oggi è ancora nel mio garage perfettamente funzionante...”.

Il Cali Special di Motopesantista sui colli bolognesi.

Mentre per molti guzzisti la passione per il marchio si eredita dai padri, dai nonni o dallo zio col Falcone, Califoggiano deve la sua folgorazione a Melissa Holbrook Pierson e al suo libro "Il veicolo perfetto – La motocicletta": “una lettura che consiglio a tutti, guzzisti e non”. La sua prima California arriva nel 2002: “Avevo 23 anni e in agosto fui vittima di un incidente in moto abbastanza serio che mi bloccò per un paio di mesi. Durante tutta la convalescenza non facevo altro che leggere riviste di moto, sognare il mio ritorno in sella, bramando linee sinuose e ciclistica perfetta… Due settimane dopo ero in concessionaria ad acquistare la mia California Stone, mentre genitori, amici e conoscenti mi ripetevano che ero pazzo.” Da allora a oggi insieme hanno percorso ben 217.000 km, “e con estrema soddisfazione!”. Quando descrive il suo Cali Stone, Califoggiano esprime tutta la fierezza tipica del guzzista doc e snocciola con precisione ogni minimo dettaglio tecnico: rapporto di compressione, distribuzione, impianto frenante, consumi e dimensioni. “La Stone è il modello essenziale della California. Non ha le cromature dell'EV o delle Special, la strumentazione non comprende il contagiri, i cerchi sono tradizionali a raggi, con camera d'aria, e non ha il cavalletto centrale di serie né il secondo disco all'anteriore. È una bellezza essenziale, acqua e sapone, senza trucco. In quegli anni la gamma della California Stone era accomunata da parafanghi, fianchetti e banda sul serbatoio grigi metallizzati, con il serbatoio disponibile in quattro colorazioni: nero ardesia, arancio selce, bianco pietra e grigio porfido. Io scelsi la prima! Lo slogan della Stone recitava "Essere, non apparire. Non cercate un elemento superfluo sulla Stone, è tempo sprecato. Tutto quello che c'è, serve...".

Califoggiano nel 2006, lungo le strade d'Irlanda, con la sua Cali Stone personalizzata

Le nostre moto sono con noi in ogni momento della vita e ci ricordano fasi belle o brutte, persone, luoghi e mood, lasciando immagini impresse a fuoco nella nostra mente di biker: “Ricordo benissimo il giorno del primo giro in sella alla Stone: era il 07 febbraio 2003, c'erano il sole e un freddo boia”, racconta Califoggiano. “Andai a Mandello del Lario, naturalmente. Mi sembrava il modo migliore di cominciare, riportandola alle origini. Credo che da quel giorno l'amore che provo per la mia Stone sia stato ricambiato, che anche lei mi abbia capito e amato: quante volte mi ha tirato fuori da brutte situazioni…”. Nel 2005 Fabio è vittima di una scivolata sul famigerato asfalto greco: “Ne uscimmo un po’ malconci, ma le vacanze proseguirono e tutto andò per il meglio. Quella resta l’unica caduta con la mia Cali e ancora oggi non riesco a perdonarmela… Parliamo di ferro, plastiche e gomme, lo so, ma nessuno potrà dissuadermi dal pensare che la mia moto abbia un'anima. Un’anima guzzista ovviamente”.
Durante l’inverno di 5 anni fa, Califoggiano, desidera dare una veste unica e originale alla sua Cali e si improvvisa carrozziere. Così rivoluziona manubrio, specchietti, luce stop, frecce e porta targa; elimina le cromature, svernicia tutto, stucca il serbatoio e sceglie il colore e la nuova livrea: “tutta nera con filetto rosso centrale dal parafango anteriore fino al posteriore”. Sul serbatoio, ora spiccano due stelle rosse, mentre sui fianchetti campeggia la scritta CALIFOGGIA POWER 1064CC: “Da allora è ancor di più la MIA moto e non ne esiste una uguale”.
Motopesantista è legato alle sue Cali V7 del ’74 e Special come fosse la loro ombra: “Ci sono cose nella vita che ti entrano nel sangue, non sai neanche tu perché. Sono passioni che non puoi modificare e se mi immagino in sella ad una moto, non può che essere una California”. Poi Tommy apre la sua valigia dei ricordi: “Un giorno, uscendo da un negozio, vidi un signore che osservava il mio V7. Quando mi avvicinai alla Guzzi, lui esclamò: “Questa è la mia moto!”. “No guardi - replico io - questa è mia da 13 anni”. E lui: “Vede quelle strisce bianche sulle borse? Le realizzò mia moglie quando la comprai nuova, 35 anni fa…”. Era il primo proprietario in persona, lo stesso che la diede in permuta ad un concessionario di Merano, dove poi venne acquistata dal tizio che la vendette a me! Fu un enorme piacere incontrarlo, mi raccontò i primi anni di storia della mia moto e i viaggi affrontati e mi inviò la foto di un tour in Polonia datato 1974 con la moto nuova di 6 mesi!”.

Il V7 California di Motopesantista durante un giro sul Muraglione nel 2008.
 
Spesso mi ritrovo a maciullarmi il cervello, cercando di comprendere la ragione per cui un modello svetti su ogni altro nel conquistare la nostra passione. Se ne discute nei moto club o durante i raduni, ognuno tesse le lodi della propria beniamina, e checché se ne dica, raggiunta una certa età, la nostra scelta si fossilizza su un modello, su un genere, o al massimo su un concetto. E non solo per motivi economici. Una volta entrati in fissa è difficile uscirne. E andare in estasi per la California è una scelta di fede quasi ultraterrena. Secondo Califoggiano la fissa della California è un po’ come l'appetito, viene mangiando: “Viaggiando e guidandola mi rendo conto delle sue immense qualità. Puoi caricarla all’infinito e andarci in giro in coppia senza che accusi il colpo. È in grado di farti divertire in montagna, lasciando al palo anche moto decisamente più performanti. E poi il rombo del bicilindrico a V, la sua erogazione tipica… semplicemente entusiasmanti! Senza contare che le sue linee hanno un fascino senza tempo: è bella, ora come tra 30 anni.” Poi elenca pregi con un’impareggiabile soddisfazione: “Accessibilità, semplicità meccanica. Per uno come me, a cui piace sporcarsi le mani, sono dettagli non da poco”.
Tante lodi dunque. Una moto amata dai suoi possessori in maniera viscerale: “È speciale, diversa dalle altre. Si riconosce subito: è la sola con quella personalità” gongola Motopesantista. Gli fa sponda Califoggiano: “È una moto poliedrica con caratteristiche da grande viaggiatrice ma, a differenza di gran parte delle sue concorrenti, dalle ottime doti ciclistiche. Un mulo inarrestabile e velocissimo all'occorrenza, ma con cui puoi anche soltanto passeggiare in centro, sempre col sorriso sotto il casco”.

I due californisti, tuttavia, sanno bene che dietro qualunque successo c’è sempre l’altra faccia della medaglia, così provo a spronarli alla ricerca di qualche fisiologico difettuccio. Secondo Tommy “Il Cali non ha parti particolarmente soggette ad usura o guasti. Il modello a motore con le punterie idrauliche denotava un difetto di fabbrica alla distribuzione, poi risolto da un richiamo della casa. Mentre la Vintage, che ho posseduto, è migliorabile in termini di confort, specie se rapportato al prezzo: le borse infatti non sono facilmente asportabili, non hanno la maniglia per il trasporto e l’accesso dall’alto impedisce il montaggio di un baule posteriore”. Califoggiano si sofferma su alcune anomalie delle serie dal ‘99 in poi: “Ammortizzatori posteriori duretti e con poca escursione, abbinati ad una posizione eretta della seduta, possono diminuire il confort e accentuare problemi alla schiena. In molti li sostituiscono con molle a escursione più ampia. Il cambio è un po’ duretto. Qualche sopportabile vibrazione. Dal 2003 le ottime strumentazioni Veglia (a fondo bianco) sono state sostituite con le meno affidabili ITI (a fondo nero). Su alcuni modelli la verniciatura del motore produceva qualche bolla, scrostandosi. In casi isolati, si sono anche riscontrati problemi con le cromature dei cerchi”.

Motopesantista, nel 2006, il giorno dell'acquisto del suo Cali Vintage:
la moto è priva delle borse, che arrivarono solo dopo un un mese.

Oggi, con un mercato del nuovo poco accessibile e in forte crisi, l’idea di una Guzzi California usata stimola l’appetito di molti e rappresenta anche un ottimo investimento: “La ricerca di un Cali usato va orientata in base ai gusti estetici e al tipo di utilizzo, la gamma infatti è molto ampia. Anche il valore è legato al modello e alle condizioni: un V7 attualmente vale non meno di 6000-7000 euro; T3 e Cali II viaggiano intorno ai 5000, mentre un Cali III si può trovare a 3000-4000 euro. I modelli ad iniezione prodotti tra il 1998 e il 2005, infine, valgono tra i 3500 e i 7000 euro. Le Guzzi costano più delle giapponesi, quindi anche l’usato è più caro, un paragone non e’ possibile. Comunque - conclude saggiamente Motopesantista - sono dell’opinione che il prezzo di una moto sia sempre legato al desiderio di possederla”. E trovare un esemplare usato in buone condizioni non sembra particolarmente complicato: “Ricordando che la California è tutt'ora in produzione (anzi pare sia imminente l'uscita del nuovo attesissimo modello!), il discorso si complica solo se si cercano modelli o ricambi di 30 anni fa. E attenzione alle numerose "copie" create portando l'allestimento California su moto che non lo erano!” conclude Califoggiano. Un po’ come si fa con le Ferrari, aggiungo io. Dall’alto della loro esperienza diretta i due guzzisti, suggeriscono di buon grado anche quali sono le parti da controllare con attenzione prima di acquistare una California usata: “Accertarsi che non ci siano perdite d’olio dal foro sotto la frizione. Di solito si tratta di un paraolio del valore di 5 euro, ma sostituirlo su un California significa smontare mezza moto, il costo quindi e’ molto alto… Poi attenzione alle parti di carrozzeria specifiche del singolo modello, perché, a differenza dei ricambi meccanici, la loro reperibilità non è cosa semplice. Testare che la quinta marcia non sia rumorosa, soprattutto alla velocità di 90-100 km/h. Sarebbe da verificare anche la coppia conica del cardano, ma qui occorrerebbe l’intervento di un meccanico prima di acquistarla”.

Il primo piano della Moto Guzzi California Special di Motopesantista mette in luce
i tantissimi dettagli che rendono unico questo modello.

La California è una delle signore indiscusse della storia del motociclismo italiano e, Harley Davidson e casi isolati di jap a parte, pare non avere concorrenti troppo dirette: “Con quelle dimensioni e pesi, la definizione di cruiser le sta stretta. Ma non è neanche una custom, nè una tourer, nè una naked: è un insieme di tutto questo”, sottolinea Califoggiano.
I biker che scelgono di guidare una California mediamente sono tranquilli e cordiali, come la stragrande maggioranza dei guzzisti: “Si va dai giovani agli over 60. Amano personalizzare il proprio mezzo e per esso provano passione e fiducia estreme, coscienti di cavalcare un pezzo di storia”.

Parlare di moto con un californista è entusiasmante e il discorso non può essere che monotematico: Guzzi nel passato, oggi e nel futuro. Motopesantista è fedele solo alle sue amate Cali V7, Special e Vintage, concedendo qualche attenzione solo alle nuove Norge e Stelvio. Califoggiano invece è una fucina di ambizioni: “Trovo che la Cali più bella sia la Special Sport, prodotta dal 2001 al 2004. Mi piacerebbe guidare anche una V7 850 California: le sue teste tonde hanno un fascino inarrivabile. O un California II, l'unico modello su cui vedo di buon occhio persino la colorazione bianca. Della produzione attuale mi piacciono la 1200 Sport, la nuova Stelvio e la Griso, un capolavoro d'arte contemporanea. Ultimamente ho anche preso una cotta per il Le Mans I, di cui adoro il serbatoio, le teste tonde e il cupolino minimal, e per il Le Mans III, con i suoi splendidi spigoli anni ‘80. Prima o poi però, per affiancare la Stone e il mio ultimo acquisto, un Nuovo Falcone del '74 con monocilindrico orizzontale, riuscirò a possedere anche un teste tonde V7 Special, California o GT...”.
I due dissentono solo quando accenniamo al futuro della California: “Dopo 40 anni è destinata a farsi da parte - dice Motopesantista – e per quanto sia valida, il pubblico è alla ricerca di novità. Una rivisitazione del Cali secondo me è impossibile”. Di diverso parere Califoggiano, convinto che, grazie al suo seguito di appassionati vecchi e nuovi, la California non tramonterà mai: “Mi aspetto che il nuovo modello mantenga ottima capacità di carico, posizione di guida comoda e rilassata anche per il passeggero, caratteristiche dinamiche eccellenti e design originale ma senza eccessi. Per questo non vorrei essere nei panni dei progettisti…”.


Estate 2005: la Stone di Califoggiano stracarica in occasione di un tour in Grecia.

Allargando gli orizzonti, mettiamo nel calderone anche le previsioni sul futuro dell’intera Moto Guzzi. Per Motopesantista, durante gli anni l’azienda è passata attraverso troppe gestioni, perdendo la propria essenza: “Trovo difficile che una casa motociclistica con 90 anni di storia alle spalle possa essere gestita come una succursale di aziende che producono veicoli così diversi”. Quando è arrivato il Gruppo Piaggio ogni guzzista ha avuto un impeto di ottimismo, sperando in un rilancio vero del marchio con tanti investimenti sulla fabbrica e sui nuovi modelli. “Finora – aggiunge Califoggiano – purtroppo non sono state fatte grandi cose: aldilà dei restyling estetici (V7 Classic) e delle evoluzioni (i nuovi propulsori 4 valvole), servirebbero nuovi motori, sia per le entry level, sia per le maxi, da affiancare ai tradizionali V trasversali”.

Quando non sono in sella alle loro California, nel loro tempo libero i miei due amici si scambiano pareri, opinioni e informazioni su Anima Guzzista, il forum guzzistico online più grande d’Italia con quasi 9000 iscritti. La sezione "Officina" e la “Bacheca Incontri” sono le tra più gettonate del forum. “Grandi e piccoli raduni offrono la possibilità di incontrare gente con una passione comune e di divertirsi insieme”. E a tutti coloro che volessero entrare nel vivo della grande famiglia dei californisti, Califoggiano consiglia caldamente di partecipare al Calincontro: “Il primo fu organizzato nel 2006 e durava una sola giornata. Oggi si tiene dal venerdì alla domenica, in luoghi sempre diversi, ed è aperto a tutti: curve, itinerari di 200 – 300 km al giorno, tante risate e buona tavola. L'appuntamento si rinnova tre volte l'anno, c'è il Calincontro di Primavera, quello d'Estate e, per ultimo, quello d'Autunno. Poche settimane fa siamo stati in Sardegna e dal primo al 03 luglio saremo al Lago d'Idro, in Lombardia”.

Un raduno di Guzzi California nel Gargano.

Se è vero, come sottolineato dalle succitate penne velenose, che “dopo tanti anni il modello più venduto in casa Guzzi resta ancora la California”, ora ne abbiamo chiaramente compreso le ragioni. E se anche a voi è venuta voglia di cliccare sulle brochure online delle Cali Classic e Vintage, tranquilli: è assolutamente normale…

2011 © Alberto Di Stefano - Conlamoto.it

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domenica 5 giugno 2011

Sicilia: Lungo i sentieri dei “Sieli” (CT)


Oggi è giornata preludio dell’estate: metto in moto e vado. Mi reco a Motta S. Anastasia per documentare un’importante iniziativa in favore dell’ambiente, cogliendo l’invito dell’Associazione Turistica Pro Loco. Si tratta della “XII Passeggiata lungo i sentieri dei “Sieli”, un’escursione all’interno di un'area geografica singolare che merita di essere tutelata in virtù del suo valore naturalistico e paesaggistico.
Per raggiungere i “Sieli”, situati a valle del paese, bisogna percorre una stradina scoscesa che dalla piazza centrale porta in giù all’ingresso dell’area naturale che ci apprestiamo a conoscere.


Un mite asino “parcheggiato” alle porte dello sterrato d’ingresso accoglie i visitatori. I “Sieli” prendono il nome dall’omonimo corso d’acqua che li attraversa. Le acque prodotte dallo scioglimento dei nevai dell’Etna, incontrando lo strato impermeabile d’argilla, riemergono dando vita al torrente.


Qualche centinaio di metri oltre il placido quadrupede, acuto e insolente giunge il rombo della marmitta di un “motociclista sciolto”, che tramortisce l’udito del gruppo! Il luogo infatti, è spesso frequentato da centauri e fuoristradisti che, per provare le loro abilità, non esitano ad interrompere i bucolici idilli degli escursionisti appiedati…


Lungo i sentieri dei “Sieli” si scorgono paesaggi gentili, fatti d’argilla: colline d’erba rasa ed alberi d’ulivo, fichidindia e fiori selvatici; aromi di vegetali dall’inebriante profumo. I colli dei “Sieli” sono caratterizzati dai cosiddetti “Calanchi”, ovvero solchi d’erosione naturale, profondi e stretti, prodotti dal ruscellamento delle acque meteoritiche. Respiro la terra siciliana “a più non posso”, anche se il passaggio di KTM, Yamaha YZ e Honda CR è incessante...


Durante una delle soste “contemplative” ecco che tra l’obbiettivo e l’orizzonte appare un “crossista sciolto”. Il tale porta a suo séguito una signora con ciabatte su piedi ciondolanti. Verosimilmente, credo che ciascun avventore, dal suo punto di vista, si chieda: “Ma che ci fanno questi, qui?”.


Lo scenario naturale dei “Sieli” è essenziale, incantevole. Tuttavia, ferito. L’impronta dei copertoni dei fuoristrada e delle moto da enduro e da cross è la prova del quotidiano “attacco” alla sua “pelle”. Sui fianchi dei colli d’argilla è evidente la presenza di solchi come sentieri artificiali.


Giunti ai piedi di uno dei colli di Poggio Guardia due “outsider”, bardati di tutto punto, conquistano un solco in soli 10 secondi. Noi appiedati, a questo punto, ripieghiamo per un altro sentiero, molto più arduo e meno lineare.


Per scalare Poggio Guardia impieghiamo 45 minuti di cammino. Per via della forte pendenza e della friabilità del terreno si procede a passo moderato e zigzagato. Nel gruppo ci sono anche anziani e bambini, ma intendiamo ad ogni costo raggiungere la vetta, da dove, ci assicura la guida, si può godere una rara veduta.


Intanto alla base del colle si attardano gli ambientalisti più “intolleranti” all’invasione dei centauri. In nome del buon senso cercano di scoraggiare le rumorose e molteplici imprese da “grip”. Ma è risaputo:  nulla può tenere a bada l’adrenalina di chi pratica il motociclismo estremo…


A un livello prima della vetta, silenziosissimo, il volo di un aliante saluta il nostro arrivo in cima. Sono senza fiato per il sudore della salita e per l’emozione. Quassù è lo spazio infinito. Un vento leggero asciuga la fatica e la t-shirt. Non sento affatto la mancanza della mia Suzuki: certe prove si affrontano con le proprie gambe.


Faccio conoscenza col tipo che comanda l’aeromodello. Prima del nostro arrivo era solo e beato a “quote elevate”. Poi, dal nulla, uomini, donne, bambini e cani si sono materializzati tutti attorno. Per chiudere in bellezza, l’ennesimo, brillante crossista lascia una nuvola di polvere e insolenza accanto a noi. Continuando a pilotare il suo aliante, le sole parole che l’uomo ha esclamato sono state: “Non c’è pace tra gli ulivi!”.

Foto e testo di Giusanna Di Stefano

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