domenica 29 maggio 2011

Giugno: febbre da motoraduno


D’inverno ai raduni in moto si è sempre in pochi. I classici alibi sono la donna, la famiglia, l’assicurazione, il freddo, la pioggia, l’influenza, il mal di gola. Sarà, come recentemente ha scritto Nico Cereghini, che il freddo in moto fa stare meglio, ma chissà perché il biker italico si sveglia dal letargo proprio come l’orso bianco, solo allo sciogliersi dei ghiacci. Quando a marzo finalmente arrivano le prime timide giornate di sole, scatta la molla. È sufficiente l’assenza di nuvole a spingere i più impazienti a tirar fuori le giacche Dainese traforate, anche se la temperatura esterna è di 10 gradi. Quando si renderanno conto di aver osato troppo con l’entusiasmo, sarà tardi per evitare le impietose prese per i fondelli dei compagni di viaggio.

Fonte: motosupposta.blogspot.it

Prima dell’estate, fioriscono centinaia di raduni di ogni genere: “la lista chiude entro il…” recitano i numerosi post in evidenza sui mille forum dedicati alla passione per le due ruote. Raduni delle case costruttrici, delle concessionarie, dei gruppi locali, regionali e nazionali, dei motoclub aziendali, delle associazioni di beneficienza, di quelle delle forze di Polizia. Raduni monomarca italiani, giapponesi o inglesi. Raduni delle classiche, delle GT e delle tassellate. E a chiudere la lista, il raduno organizzato dal carismatico di turno, quello con la moto più figa, più nuova o più spippolata. O più banalmente quello col giro giusto. Alla sua proposta molto difficilmente si risponde con un “non posso”, chissà poi cosa si penserebbe in giro.
Alla fine, dei mille raduni in programma durante il corso della bella stagione, quelli a cui un biker riesce mediamente a partecipare si possono quasi sempre contare sulle dita di una mano. Ed è già un successo!


Quello del raduno è un rito rigorosissimo che vede tutta una serie di attività collaterali. Prima cosa, la moto. Deve essere ben lavata e lucidata, come nuova, non sia mai che un granellino di polvere stazioni sul serbatoio intriso di Pronto. E deve presentare almeno un aggiornamento estetico o tecnico rispetto al raduno precedente. Tipici escamotage psicologici che illudono di poter dilatare la vita, la potenza e il fascino delle propri bolidi. Ma in fondo che c’è di male? Se una donna (che non è la sposa…) nel giro di un mese partecipa a due matrimoni diversi con lo stesso gruppo di invitati, quanto meno cambia l’abito, l’acconciatura, le scarpe e la borsa. Il fanatico del raduno fa lo stesso con la propria moto: mette su il puntale nuovo (“Me pare più stabile in curva…”); le frecce aftermarket (“Co’ quelle de serie parevo l’albero de Natale…”); lo scarico in titanio (“L’ho preso da n’amico a metà prezzo…”); la sella in gel (“La ragazza mia se stava a sciupa’ il lato b…”); le gomme racing (“Me sento più grip in accelerazione…”); l’ammortizzatore Ohlins (“Me volevo fa’ i Bitubo rossi, ma m’acchiappava de più er giallo”).Per non parlare dell’abbigliamento tecnico. Il prezzo che un biker modello deve pagare al proprio narcisismo è almeno un casco l’anno. Che poi diventano due, il jet e l’integrale, uno per stagione. Tre se si va in viaggio, lì serve il modulare. Sei se non si vuole far sfigurare la zav. Anche una bella giacca importante contribuisce ad elevare sugli altri il proprio carisma. Belstaff? Costa un botto. Dainese? L’anno prossimo esce il modello nuovo e “a nèsciri ‘sti soddi “ci si pensa due volte. Gli arrembanti marchi cinesi? Non sia mai, se si va giù, sarebbe più protettivo l’antipioggia Diluvio Tucano Urbano. Così si assiste al dilagare dei convertiti all’outlet, fenomeno che si traduce in giacche di due taglie più grandi e in striminzite tute in pelle che trattengono a stento gli eccessi di un inverno all’insegna della buona tavola. Oppure nell’esplosione di colori improbabili: una bella livrea rosa-turchese per lei e una spruzzata di verde Kawasaki per lui, anche se doma una bavarese.

Fonte: motosprint.it

Un raduno in moto è casino, batticuore, goliardia. Come la gita scolastica delle superiori. Come l’addio al celibato di un amico. Come la rimpatriata con la squadra di calcio. Perché si condivide qualcosa che entusiasma, la passione per le motociclette. E quando si è insieme, tutti a bordo dello stesso marchio o dello stesso modello, tutti con la stessa patch cucita sul gilet o con la stessa t-shirt sotto il paraschiena, è una sensazione speciale. Non ci si sente più soli ad interpretare il ruolo del coglionazzo fissato e monotematico (anzi, mototematico).
Ogni momento, prima, durante e dopo, è speciale. La sera prima è un’impennata di eccitazione ed attesa, come se, in anticipo di 12 ore, si fosse già con gli occhi sul rosso del contagiri e con le mani aggrappate al manubrio. Si prepara tutto metodicamente e minuziosamente, l’indomani non si può correre il rischio di far tardi. Pena, il gruppo (di solito) se ne va senza aspettare nessuno e poi vai a rincorrerlo a tutta birra…


L’adunata è uno dei momenti che preferisco. Al casello, al bivio, al centro commerciale, alla stazione di servizio. Si fa i pieno e ci si butta tra baci, abbracci ed energiche pacche sulle spalle. Si guardano le moto, si contemplano i ritocchi, si ammirano i nuovi acquisti, ci si racconta superficialmente un po’ di vita quotidiana. Ma non è quella che importa. Si è li proprio per lasciarsi tutto alle spalle e trovare quella libertà che serve a staccare la spina per qualche ora o per qualche giorno.
La partenza è adrenalina pura. Protagonisti: l’apripista, una sorta di monumento che guai a superarlo; le staffette, nervose saette che fanno da ascensore su e giù lungo il serpentone; e il fanalino di coda, il carismatico babysitter su due ruote che tiene d’occhio amorevolmente i suoi pupi. E poi il gruppo. A volte si percorrono centinaia di chilometri e quasi non ci si accorge del loro scorrere. Si è troppo impegnati a fissare la moto che precede attraverso la visiera e a dare un’occhiata a quella che segue dallo specchietto. Non si ha il tempo di godersi nemmeno il tragitto, è come avere i paraocchi. La concentrazione è monopolizzata dall’andatura del gruppo, neanche si fosse al Tour de France. Tenere il ritmo a volte è noioso (in autostrada) e a volte impossibile (sui passi). Ma è fantastico sentirsi sicuri e coccolati là in mezzo, quasi esistessero solo le moto dei propri amici e nessun altro mezzo lungo le strade.

Fonte: cyberscooter.it

Per fortuna i raduni non si organizzano solo per guidare. Il bello è la baraonda. Si ride e si cazzeggia, si fanno le gare di burnout e di dbing, si commentano a caldo le donne e si giudicano a freddo le moto, si progettano avventure sempre più epiche e nuovi raduni ancora più clamorosi ed imponenti. Ma soprattutto si mangia e si beve. Tanto, oltremisura. Un’altra gara di virilità e machismo o, più probabilmente, puro piacere della convivialità.
La mangiata a sbafo è un aspetto fondamentale di ogni raduno che si rispetti. E in molti casi non è facile distinguere i centauri che partecipano per il piacere di guidare e scoprire luoghi nuovi da quelli che presenziano soprattutto per sfondarsi senza limiti… Ma allora, mi domando e dico, non era sufficiente prenotare all’osteria dietro l’angolo piuttosto che macinare 500 chilometri in un solo giorno?


Lascia il tuo commento al post

2 commenti:

  1. Bravo, in queste parole ci rivedo molte situazioni vissute appunto nei moto raduni,
    però mi hai fatto (quasi)passare la voglia di organizzare il MotoRaduno di Settembre ^__^

    RispondiElimina
  2. I motoraduni sono come il panettone: buoni solo una volta l'anno a Natale. :-)

    RispondiElimina