Il meteo natalizio in Sicilia, finora, non è stato così clemente come gli anni scorsi. Il progetto di un giro speciale con la Harley del buon Checco, con cui ero d’accordo per ottenere in prestito la sua Sportster Forty Eight per un giorno intero, è ahimè impraticabile. Domani tornerò nel continente, probabilmente dovrò rinunciare all’itinerario di fine anno in Trinacria. Così mi sveglio comodo alle 10 e trenta, colazione con spremuta di arance fresche e biscotti al sesamo appena sfornati e occhi pieni di sonno ancora per 15 minuti buoni. Quando finalmente riesco a puntare lo sguardo fuori dalle persiane, scopro che il cielo non è plumbeo come credevo, ma squarciato da un sole invitante. Lì mi si accende la lucetta e la scimmia del giretto in moto si impossessa di me. Rapido travel planning mentale: è tardi, non ho tempo per recuperare l’Harley, dovrò saltare il pranzo e ci sarà il rischio di un rientro senza luce del giorno né tepore del sole. Corro in casa, tiro fuori dal trolley il mio necessaire da viaggio e sono pronto in pochi minuti: Red Wings boots, doppia calza cotone – lana, sottotuta in microfibra, jeans, maglione di lana, sciarpone in pile, giacca in pelle, sottocasco, cappello di lana, casco jet con visiera, sottoguanti, guanti in pelle e Rayban. In garage la fida Vespa Chetak parte al terzo colpo di pedivella, la lascio scaldare mentre preparo l’olio Castrol per la miscela al 3% e sono più che pronto a partire! Il mio sorriso ha già una estensione notevole e non può che aumentare. Soprattutto se il luogo che decido di esplorare confermerà nei fatti ciò che promette sulla carta. È uno di quei posti che avevo visitato da bambino treenne prima e da scolaro distratto dalla pubertà poi. Proprio ieri rivedevo le foto datate 1978. Così ne ho tratto ispirazione: si va in Vespa alle Gole dell’Alcantara, provincia di Messina! Minchia compare!
Durante i primi chilometri non ho ben chiaro quale strada scegliere per raggiungere Giardini Naxos. Da Catania vado su verso San Gregorio e poi giù verso Ficarazzi ed Acicastello per non perdermi l’adorata vista dall’alto del castello e dei Faraglioni. Appena raggiungo la SS114 è tutta una tirata tra località marine assopite nel letargo invernale: seconde case dagli infissi serrati, complessi turistici in manutenzione, stabilimenti balneari sigillati con assi di legno. Acireale, San Leonardello, Giarre, Mascali, Fiumefreddo. Il mare è sempre lì, abbagliante per i riflessi del sole, in inverno più affascinante che mai. A ovest, a’ muntagna, l’Etna, splendida perché esaltata dal contrasto tra il bianco della neve che la ricopre e il blu che solo il cielo di dicembre è capace di dipingere.
All’altezza di Trappitello è il momento di lasciare la litoranea per imboccare la via Francavilla ovvero la SS185.
Il sound del mono 149cc della Vespa è uno spettacolo: quieto in quarta marcia lungo i tratti a scorrimento veloce, urlante agli alti regimi durante i cambi di marcia, sottolineati dall’inconfondibile clack sulla manopola sinistra del manubrio.
Le indicazioni turistiche per le Gole dell’Alcantara sono diffuse e ben leggibili. Oltre i muretti in pietra lavica che delimitano la statale, campi di fichidindia e vasti agrumeti colorano la campagna siciliana. Ai margini della strada cumuli di cenere vulcanica, flagello dei sindaci etnei. Supero Gaggi, primo paese lungo la valle dell’Alcantara. Ogni volta che posso pigio il tasto Horn, solo per il gusto di ascoltare il suono inconfondibile dell’avvisatore acustico più simpatico del mondo.
A parte qualche starnuto sotto il casco, la temperatura corporea si mantiene ottima, addirittura lungo la statale dismetto berretto, sottocasco e sottoguanti.
Inizio a scattare le prime foto all’altezza dell’imponente ponte ferroviario che precede il bivio per Graniti. Scavallo il prosciugato torrente Petrolo, proseguo lungo la 185 ed entro nel territorio di Motta Camastra. In pochi minuti eccomi arrivato al parcheggio turistico antistante la struttura da cui partono i sentieri guidati per ammirare le celebri gole.
Sono le 15.30. Lo spiazzo è deserto, le bancarelle serrate, il bar ristorante chiuso e in giro non c’è anima viva. Parcheggio la Vespa, tolgo il casco e vado per superare i tornelli, quando una voce mi ammonisce alle spalle: “Per entrare deve fare il biglietto. Nove euro sono”. Ora, non per fare il genovese, ma nove euro, d’inverno, con le strutture in rimessaggio e senza l’ombra di un turista nel raggio di dieci chilometri, mi sembrano veramente eccessivi. Tratto per un ridotto a 4 euro e cinquanta. Ma la risposta è lapidaria: “Nossignore, non ne posso fare sconti. Anzi, deve spostare pure la Vespa che qua da’ disturbo”. Il preambolo mi suggerisce di cambiare strategia: opto per accedere alle gole da una strada alternativa. Scelgo l’avventura.
Rimetto in moto la Vespa alla ricerca di un punto panoramico alternativo. All’altezza di Fondaco Motta, individuo un ponticello delizioso che sovrasta il fiume e sbuca su una centrale elettrica dell’Enel. Inizialmente penso sia una strada senza sbocco, finché un’Ape Piaggio, con a bordo 2 passeggeri, non mi sfila accanto per arrampicarsi sicura su una salita ripida che in pochi metri conduce alla temibile SP81. Se ne è capace un’Ape, posso farlo anch’io: prima marcia, peso del corpo tutto in avanti e gas!
Percorro la provinciale dapprima verso nord ovest, fino a Gravà. Becco un altro ponte, più moderno, dal quale per la seconda volta posso ammirare e fotografare le rapide dell’Alcantara. L’istinto però mi porta a tornare indietro, direzione sud est, alla ricerca delle rapide vere, quelle con la R maiuscola. La SP82, si fa sempre più stretta e il cartello giallo STRADA INTERROTTA sarebbe già un indizio ineludibile.
Percorro la provinciale dapprima verso nord ovest, fino a Gravà. Becco un altro ponte, più moderno, dal quale per la seconda volta posso ammirare e fotografare le rapide dell’Alcantara. L’istinto però mi porta a tornare indietro, direzione sud est, alla ricerca delle rapide vere, quelle con la R maiuscola. La SP82, si fa sempre più stretta e il cartello giallo STRADA INTERROTTA sarebbe già un indizio ineludibile.
A riaccendere il mio ottimismo, all’altezza di un casolare di campagna, è l’incontro con un anziano del luogo, baffuto e dal volto scavato. “Buongiorno”, saluto con rispetto. “Buongiorno – risponde lui – io mi chiamo Turi Buda”. “Piacere, Alberto Di Stefano. Senta, ma questa strada è praticabile? Sbuca sulla statale? Posso percorrerla in Vespa?”. Annuisce con il capo, con la mano mi fa segno di andare e conclude la conversazione: “Basta ca va allèggiu ccù chissa”, indicando la Vespa. Non aspettavo altro, ho scovato la strada alternativa.
In pochi metri l’asfalto diventa brecciolino, poi si trasforma in sassolini, quindi in massi. Il guardrail scompare, la pendenza inizia ad essere impegnativa, saltano fuori lastroni di pietra dal terreno, come fossero gradoni, e i massi sono veri e propri spuntoni aguzzi e minacciosi. Ok, ho la ruota di scorta montata dietro il sellino del passeggero, ma forare qui sarebbe quantomeno antipatico. Due o tre volte sono costretto a scendere dalla sella per esplorare a piedi il sentiero e capire se sono in grado di proseguire. Altre volte sposto la Vespa a braccia, per evitare colpi maldestri sul motore. Sul terreno tracce di pneumatici da motocross e mountain bike, persino una ginocchiera Acerbis flagellata.
Supero il punto di non ritorno, quello da cui è impensabile fare marcia indietro. Su un tratto del sentiero manca addirittura mezza carreggiata, franata sul costone, ed è proprio qui che sento il cuore schizzare fuori dal petto per l’adrenalina!
Intorno a tutto questo eccitante sbattimento, una cornice naturale mozzafiato: la vista dell’Alcantara dall’alto della sponda più selvaggia, nitida e ancora più emozionante! Il fiume scorre in mezzo a grandi macigni, dove acquista pressione e potenza e produce lunghe scie di schiuma bianca e il caratteristico fruscio delle rapide.
Dopo essermi goduto la vista privilegiata delle gole il più a lungo possibile, sperando di averla ben fissata nella memoria, mi rimetto in sella. Lo sterrato torna gradualmente ad essere meno impervio e, non appena scorgo le prime case di campagna al margine della provinciale, capisco che il manto stradale da lì in poi tornerà ad essere più amichevole. Ancora un po’ di polvere, un ruscello da guadare ed eccomi sbucare sul tratto buono della SP81.
Attraverso per l’ultima volta l’Alcantara da un ponticello “pizzuto” e mi ricollego alla SS185 all’altezza di Contrada Finaita. Sono le 17 circa, ho saltato volentieri il pranzo, la temperatura esterna si è abbassata fino a 5°C. Rimetto su passamontagna, cappello, doppi guanti e lo sciarpone tutto intorno al collo. A darmi l’arrivederci un tramonto superbo, i cui raggi dorati si specchiano sull’Etna innevato.
Il ritorno verso Catania è da duri e puri: il cambio rigido della Vespa incide più del dovuto sui tendini del polso sinistro, la seconda marcia ogni tanto scappa via, mentre la corsa dell’acceleratore stranamente si è ridotta a metà, come se il cavo non riuscisse ad arrivare fino in fondo. Le ginocchia, che nel mio caso fuoriescono dallo scudo anteriore, sono semicongelate. Qualche spiffero, non so come, riesce a infiltrarsi fino la schiena, complice la posizione di guida imposta dal manubrio basso della Vespa. Basterà una buona doccia calda per tornare alla normalità.
È stata proprio la giornata che desideravo, senza programmi, piena di sorprese. Il sorriso tipo Stregatto, che non mi si leva dalla faccia per tutta la serata, ne è la gradevole riprova.
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Informazioni utili:
Costi del viaggio: carburante 7 euro.
Chilometri percorsi: 20 (135 da Catania)
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