Domenica di febbraio fredda ma assolata. La prima dopo un paio di settimane di pioggia e inverno. Ieri notte ho fatto tardi, stamattina non avevo certo voglia di mettere il naso fuori dalle lenzuola all’alba. Da giorni la smania di domenica in moto mi segue come un avvoltoio, ma la fatica della settimana lavorativa, sommata alla pigrizia incipiente e al clima poco invitante, mi aveva scoraggiato dal programmare qualunque itinerario o dal tirar fuori dal guardaroba l’abbigliamento invernale. Fuori dalla finestra vedo un sole invitante, cielo blu inverno, zero nubi e il termometro esterno che segna 10° C. Sono le 10 passate, farà buio presto e il massimo che posso fare è andare a prendere un aperitivo ai castelli romani e rientrare prima che il sole si abbassi e restituisca campo libero al freddo. Ho un raggio d’azione di non più di 50 km. D’istinto passo all’attacco: colazione stranamente rapida, vestizione lampo e, miracolosamente, senza dimenticare nulla come al solito, in mezz’ora sono già in sella alla Triumph. Anche lei ha bisogno di togliersi un po’ do polvere di dosso, ne ha pieni i cilindri di fare solo servizio urbano e le girerebbero le frecce a starsene ancora una volta sotto il telo!
La meta della giornata è venuta fuori così, pensando a uno dei luoghi della provincia romana che preferisco, il lago di Martignano: tranquillo, pieno di natura, silenzioso, a un passo dalla metropoli e con qualche chilometro di divertenti strade sterrate che conducono fino alle sue placide sponde. Spesso, durante l’estate, preferisco abbioccarmi su una comoda sdraio in riva al lago e fare una nuotata rinfrescante sulle sue acque dolci, piuttosto che sorbirmi il caos snervante di Ostia e Fregene e il colore verdognolo del Tirreno.
Il problema stamattina è che sono più rinco del solito, devo cercare di restare più vigile del solito. La strada per lasciare il centro di Roma la conosco bene e scelgo la mia favorita: via Boccea, una consolare che fa parte della mia storia e che, superata la periferia, dà subito l’idea di ciò che un tempo potevano essere le strade di campagna intorno Roma. Supero il raccordo, Casalotti, Valle Santa e inforco la via di S. Maria di Galeria. Fermo la moto per fare il pieno all’unico distributore della zona e, maneggiando la pistola della senza piombo, realizzo la prima piacevole sorpresa, un raduno di auto d’epoca, tra cui riconosco modelli da capogiro come la Stratos, il Maggiolone e la 1100. Adoro questo tipo di riti domenicali.
Riparto verso nord, solo che, senza ragionare più di tanto, anziché deviare sulla SS493 Claudia Braccianese, continuo a godermi i rettilinei che tagliano le campagne romane, ipnotizzato da chissà quali riflessioni sotto il casco, fino a ritrovarmi nientemeno che sulla SS2 Cassia all’altezza di Vallelunga. Il mio cervello anestetizzato abbandona la modalità standby e capisco di essere decisamente fuori strada. Inveisco quanto basta sotto il casco finché, recuperato il controllo, abbandono la noiosissima, maleodorante carreggiata a 2 corsie. Il bivio di Monterosi è quello che fa per me, passo dal centro del paese e punto il manubrio a sudovest, direzione (forzata) Trevignano Romano, ma – cavolo – quello è un altro lago! Poco male, l’improvvisazione regala sorprese emozionanti a chi viaggia in moto. Sulle rive del lago di Bracciano la provinciale costeggia le acque a livello zero, a tratti salendo su di qualche metro aumentando l’effetto panoramico. Il sole mantiene una temperatura ottimale sulla mia tuta e annullando l’umidità lacustre.
La meta della giornata è venuta fuori così, pensando a uno dei luoghi della provincia romana che preferisco, il lago di Martignano: tranquillo, pieno di natura, silenzioso, a un passo dalla metropoli e con qualche chilometro di divertenti strade sterrate che conducono fino alle sue placide sponde. Spesso, durante l’estate, preferisco abbioccarmi su una comoda sdraio in riva al lago e fare una nuotata rinfrescante sulle sue acque dolci, piuttosto che sorbirmi il caos snervante di Ostia e Fregene e il colore verdognolo del Tirreno.
Il problema stamattina è che sono più rinco del solito, devo cercare di restare più vigile del solito. La strada per lasciare il centro di Roma la conosco bene e scelgo la mia favorita: via Boccea, una consolare che fa parte della mia storia e che, superata la periferia, dà subito l’idea di ciò che un tempo potevano essere le strade di campagna intorno Roma. Supero il raccordo, Casalotti, Valle Santa e inforco la via di S. Maria di Galeria. Fermo la moto per fare il pieno all’unico distributore della zona e, maneggiando la pistola della senza piombo, realizzo la prima piacevole sorpresa, un raduno di auto d’epoca, tra cui riconosco modelli da capogiro come la Stratos, il Maggiolone e la 1100. Adoro questo tipo di riti domenicali.
Riparto verso nord, solo che, senza ragionare più di tanto, anziché deviare sulla SS493 Claudia Braccianese, continuo a godermi i rettilinei che tagliano le campagne romane, ipnotizzato da chissà quali riflessioni sotto il casco, fino a ritrovarmi nientemeno che sulla SS2 Cassia all’altezza di Vallelunga. Il mio cervello anestetizzato abbandona la modalità standby e capisco di essere decisamente fuori strada. Inveisco quanto basta sotto il casco finché, recuperato il controllo, abbandono la noiosissima, maleodorante carreggiata a 2 corsie. Il bivio di Monterosi è quello che fa per me, passo dal centro del paese e punto il manubrio a sudovest, direzione (forzata) Trevignano Romano, ma – cavolo – quello è un altro lago! Poco male, l’improvvisazione regala sorprese emozionanti a chi viaggia in moto. Sulle rive del lago di Bracciano la provinciale costeggia le acque a livello zero, a tratti salendo su di qualche metro aumentando l’effetto panoramico. Il sole mantiene una temperatura ottimale sulla mia tuta e annullando l’umidità lacustre.
Solitamente raggiungo Martignano sempre dallo stesso ingresso e credevo ci fosse solo quello. Ma, percorrendo la SP12b, a pochi chilometri da Anguillara Sabazia, la coda dell’occhio capta una malconcia indicazione turistica di colore marrone con il nome della località lacustre. Mi fermo un attimo a valutare la cosa, dispiego la mia mappa cartacea ed effettivamente gli accessi segnalati sembrano essere due. That’s right! Via, andiamo all’avventura, quel che viene viene… Mi lancio sulla via di Polline e, lungo la strada bianca (anzi grigia a causa della pioggia dei giorni scorsi) la mia gioia decolla. Non sembra insidiosa, è piena di verde intorno e si sviluppa persino lungo un paio di piccoli tornanti in pendenza che mi permettono di fare qualche innocente traverso in accelerazione, mentre le bestie al pascolo mi osservano impassibili dai prati limitrofi.
Quando la strada inizia ad infiltrarsi tra le aree più alberate, dove l’ombra dei rami impedisce al sole di asciugare le pozze di acqua piovana, iniziano i ripensamenti. Presto mi ritrovo dinanzi a una serie di ampie buche piene di fango, dove il terreno diventa scivoloso e inappropriato per il tassello semistradale dei miei Metzeler Tourance. Tre turisti a cavallo, provenienti in direzione opposta, mi allertano dall’alto della loro seduta equina: “Non ce la fai con quella!”. Mentre scendo irritato dalla sella per verificare di persona, percepisco il rombo sordo di un mono 4T in avvicinamento. Lo vedo planare sul fango, la ruota posteriore solleva fontane di melma marrone e il motore sale rapidamente di giri senza esitazioni. Figo.
Mi sbraccio per fermare l’endurista e chiedergli qualche info sulle condizioni del fondo stradale. È giovane e ha improvvisato un giro quaggiù con la sua KTM 690 Enduro, tant’è che indossa casco jet, jeans, sneakers, piumino urban ed è felicemente ricoperto di gocce e spruzzi di fango. Gli chiedo se posso arrivare fino al lago con la Triumph: “Te lo sconsiglio, manca poco ma il terreno è insidioso”. Anche lui, nonostante il tassello profondo e 70 chili in meno rispetto alla mia bicilindrica inglese, ha rischiato lo scivolone.
Accidenti, quando mi ricapita un po’ di fango?! Voglio proseguire lo stesso, anche solo di 500 metri, magari aggirando i crateri di pantano per non restare impaludato. Metto in moto, prima marcia, corpo in avanti, cosce serrate sul serbatoio, piede sinistro giù largo a controbilanciare gli slittamenti e via a passo d’uomo. A preoccuparmi non è tanto il posteriore, ma l’anteriore che rischia di scivolare via a sorpresa senza preavviso. Di colpo, un illuminazione: mi compare in mente l’immagine della Triumph sdraiata a terra su un fianco con la mia gamba arrostita dai collettori... Basta poco ad auto persuadersi: giro delicatamente la moto, mi arrendo mio malgrado e torno indietro, in sicurezza, fino alla provinciale. Arriverò fino alle sponde del lago dall’altro accesso.
Poco prima di giungere ad Anguillara, svolto a sinistra su via della Mola Vecchia ed è lungo questa stradina di paese, disseminata di abbeveratoi, canali di scolo e aziende agricole, che sulla sinistra ritrovo l’ingresso principale al lago. Solo che rispetto all’ultima volta che ero stato qui, adesso c’è una telecamera, un bel divieto d’accesso a tutti i mezzi a motore (valido solo nel periodo estivo) e un grande cartello ZTL che invita i visitatori a servirsi del servizio navetta. Provvedimenti per tutelare l’ambiente o per risanare le casse del Comune?
Evvai, sono sulla strada giusta, ampia, sterrata e con qualche sasso qua e là. In questo periodo dell’anno, non è tremendamente polverosa come durante l’estate, quando ti ritrovi la moto imbiancata fin dentro al sottosella! Un tratto fantastico da terza marcia, in piedi sulle pedane e col fondoschiena proteso sul posteriore, mentre le pietruzze battono come mitragliate sui parafanghi.
Quando giungo alla sbarra d’accesso al lago, le soluzioni sono due: parcheggiare la moto e fare un chilometro a piedi in discesa (salita al ritorno), con tuta, paraschiena, casco e stivaloni, o aggirare la sbarra e azzardare il raggiungimento della riva direttamente in sella, a motore acceso, cercando di arrecare il minor disturbo possibile alla natura circostante e ai pochi visitatori presenti. Il dislivello rende la strada molto ripida e sdrucciolevole, sulla destra scorgo sotto di me la straordinaria vista del lago illuminato dal sole.
Metto a folle, spengo la moto mentre ancora sono in movimento e giungo a pochi metri dalla riva. È il momento di rilassarmi un quarto d’ora, godendomi il silenzio, la pace e l’aria pura di questa oasi rigenerante.
Sono le tre del pomeriggio, ho fame e in mente ho l’epilogo perfetto per questa domenica improvvisata. Saluto il lago e ripercorro la strada sterrata in senso contrario. Ripasso Anguillara, costeggio il lago di Bracciano e lancio la Triumph verso il tempio italiano della storia del volo, un altro dei miei posti preferiti in assoluto, il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle. Qui sono custoditi aeroplani straordinari, esemplari unici al mondo accuratamente restaurati, imperdibili per gli appassionati di ali d’epoca e di storia militare in generale. Mangiare un boccone al bar del museo, pieno così di cimeli, e fare una passeggiata digestiva tra dirigibili, caccia e bimotori è uno spasso. D’altronde un velivolo e una motocicletta hanno molto in comune, entrambi sono capaci di sprigionare un senso di libertà, per provare il quale può essere sufficiente anche una semplice gita domenicale fuoriporta al lago.
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Informazioni utili:
Dove dormire: Il casale di Martignano, s.da di Martignano, Anguillara Sabazia (RM), tel 06 99802004, www.martignano.com.
Dove mangiare: La mucca golosa, via di Vigna di Valle 57, Anguillara Sabazia (RM), tel 06 99607021, www.lamuccagolosa.com.
Costi del viaggio: carburante 10 euro. Piadina, spremuta, torta al cioccolato e Chupa Chups: 8,70 euro.
Chilometri percorsi: 35 (75 da Roma).
Dove mangiare: La mucca golosa, via di Vigna di Valle 57, Anguillara Sabazia (RM), tel 06 99607021, www.lamuccagolosa.com.
Costi del viaggio: carburante 10 euro. Piadina, spremuta, torta al cioccolato e Chupa Chups: 8,70 euro.
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Se una volta ti va di fare un giro analogo in compagnia non esitare a chiamarmi.
RispondiEliminaFabio
Grazie Fabio, molto volentieri! ;)
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