domenica 6 gennaio 2013

Sicilia: Etna Sud in Vespa


Sono tre mesi che non riesco a trovare il tempo e l’energia per fare un giro in moto. Negli ultimi novanta giorni la Triumph è stata liberata dal telo copri moto poco più di una dozzina di volte, per portarmi a qualche meeting di lavoro o al massimo per uno spritz con gli amici. Tra pasti luculliani, pubbliche relazioni e maratone augurali, rischio di perdere l’attimo fuggente pure durante i cinque giorni di vacanza in Sicilia. Paradosso. Ogni notte, però, tengo sempre d’occhio la meta. Il clima, tra Natale e San Silvestro, è stato estremamente generoso sulla costa est della Trinacria, con cielo terso e temperature massime che a mezzodì continuano a raggiungere addirittura i 17° C. Una manna per chi va in moto. Per di più, nelle serate, le tenebre sono illuminate da una brillante luna piena dal fascino felliniano. La natura di questo luogo unico al mondo è capace di regalare una vista notturna dell’Etna davvero speciale: i riflessi lunari illuminano il fianco del vulcano, per l’occasione rivestito da una coltre di neve e ghiaccio che accentua il fenomeno cromatico, e lo trasformano in un monumento naturale fosforescente. Fiato sospeso.
Finalmente, il giorno prima della ripartenza verso il continente, riesco a realizzare il mio desiderio di esplorazione vulcanica su due ruote!
Quando villeggio in Sicilia, sono puntualmente sfornito di abbigliamento tecnico e, considerate le altitudini che vorrei raggiungere, è dura arrangiarmi con ciò che riesco a rimediare. Un punto fermo c’è ed è la mia fedele Vespa verde acqua. Non perde un colpo: un paio di spinte energiche sul pedale di avviamento, una verifica alla pressione degli pneumatici e il fumoso borbottio del 2T, regolare come un cronografo svizzero.
Abbigliamento di Fantozzi: scarponcino da lavoro vintage con calzettoni di lana al ginocchio, pantajazz grigi di mia moglie sotto i Levi’s, pruriginosa canotta di lana color carne, maglione di lana nero, sciarpa marrone misto lana di mio suocero come scalda collo, sciarpa di lana verde di mia suocera davanti la bocca, berretto di lana nero da operaio, vecchio casco jet Bieffe di mia sorella ripulito da inutili orpelli accessori in plastica e occhialone da aviatore regalo di Natale di mio fratello. La famiglia è sempre un punto di riferimento…
La giornata è bellissima, l’obiettivo è arrivare più in alto possibile, temperatura e ghiaccio permettendo. Sono ottimista, il tepore di questi giorni dovrebbe aver reso sicure le strade anche ad alta quota. Il tragitto scelto percorre il versante Etna Sud.
Partenza da Belpasso, detta la “città scacchiera” per via del suo sistema toponomastico, nota soprattutto per essere la sede del prestigioso Motoraduno Internazionale dell’Etna, della Dais, storica fabbrica dolciaria siciliana, costeggiando la quale si capta un estatico profumo di dolci, e della Pasticceria Condorelli, dove ebbe inizio la tradizione del torroncino siciliano più famoso del pianeta. Impossibile rinunciare ad assaggiarne qualcuno: pistacchio, arancia, limone…


La via Vittorio Emanuele II è stretta e caotica, passando davanti al sagrato di una chiesa, un ragazzino, con cadenza tipica malpassota, mi urla “Bedda Vespa!”. Mi sento a casa.
In cima al paese occorre fare attenzione al bivio tra via Nicolosi e la SP120. Quest’ultima è la mia strada, sono decenni che non la percorro e su due ruote è forse la prima! La presenza del vulcano, semi innevato e incorniciato da un cielo blu che più blu no se puede, è costante. La pendenza della provinciale cresce, la Vespa chiama le marce basse, ma che importa: sono strade da percorre a non più di 40 km/h, anche perché è impossibile rinunciare a frequenti soste per contemplare lo scenario. Le case di villeggiatura, un vero status symbol per le popolazioni della zona, sono numerose. Piccole, modeste, con un po’ di terreno coltivabile intorno e davanti a un panorama unico al mondo.


Supero la caratteristica chiesetta di S. Leone, ovviamente con facciata in pietra lavica, e, dopo il bivio con la SP 160, che unisce Nicolosi a Ragalna, esplode lo splendore del Parco dell’Etna. Mi viene in mente che tutti questi paesini alle falde del vulcano hanno una grande tradizione nell’elaborazione di motori e auto da corsa e che non è raro, all’alba o durante la notte, carpire il rombo di una Fiat 127 Sport o di una Peugeot 205 GTI che si arrampica su queste stesse curve per prepararsi alla mitica Cronoscalata Catania - Etna, in programma in primavera.


Quattro chilometri di dolce tepore sulla faccia ed incontro la celebre SP92, una delle strade più percorse dai biker etnei e dai tanti moto turisti che ogni anno arrivano da ogni angolo d’Europa per guidare sull’asfalto eccellente dell’Etna. Iniziano i tornanti in serie, sballo totale. La temperatura è ancora mite, i guanti di lana sono sufficienti e la sciarpa per il volto è ancora dentro il bauletto. In direzione opposta qualche fuoristrada viene giù dal cratere centrale: alla vista di un matto con gli occhialoni che si inerpica su una Vespa a certe altitudini, in molti sorridono e spalancano gli occhi da dietro il parabrezza.  


Ai lati della strada i muretti in pietra lavica rendono tutto ancora più suggestivo, non si vede più un edificio e l’asfalto inizia ad attraversare veri e propri deserti vulcanici: il grigio antracite del magma solidificato rende i colori, azzurro del cielo, bianco della neve e giallo dei castagni, ancora più esplosivi.


Sono a La Nuova Quercia, ristorante distrutto dalla lava nel 1983 e oggi ricostruito, quota 1300 mt. Sul piazzale antistante, gli spazzaneve in rimessa attendono la prossima nevicata. Più avanti una grande quantità di sale grosso, ammucchiato sull’asfalto del parcheggio.


Pausa panoramica: la vista della costa da quassù è incredibile. Rimetto in moto la Vespa, il motore inizia a respirare più affannosamente per l’altitudine e la temperatura bassa inizia a farsi sentire, accentuata anche da un venticello polare più che frizzantino.


È il momento di indossare i guanti da neve grigi fregati a mio suocero e di arrotolare sul volto la sciarpa di lana come un tuareg… L’asfalto continua ad essere in ottimo stato, senza rischio di ghiaccio, e il tiepido sole siciliano fa il suo dovere. Posso arrivare fino al Rifugio Sapienza!


Superati scenari assurdi, come boschi di lecci e querce tagliati in due da fiumi di lava o una vecchia, inquietante costruzione completamente circondata e divorata dal magma, 5 km dopo La Nuova Quercia arriva uno dei tratti più divertenti della SP92: lunghi rettilinei in salita, interrotti solo da ampi tornanti a 360°. Se è divertente con un 2t da 150cc, figuriamoci con una supersportiva o con un motardone.


Il panorama è unico, da una parte il selvaggio terreno vulcanico, dall’altra strapiombo con vista privilegiata sul mar Ionio. La neve ai margini della provinciale adesso è più frequente. Anche il freddo è intenso, sono a poche centinaia di metri dalla cima. Eccola: mentre la Vespa procede caparbia, vedo del fumo bianco uscire in lontananza da un camino, gli edifici in legno si avvicinano sempre più, i riflessi delle auto e dei bus parcheggiati sul grande piazzale producono un inconfondibile luccichio. Arrivato! Rifugio Sapienza, 1910 metri sul livello del mare.


Sarò stato quassù centinaia di volte in vita mia, a piedi, in mtb, in auto, in moto naturalmente. Ma in Vespa è la prima volta. Conosco a memoria questo posto: il CAI, la funivia, i ristoranti, i venditori di souvenir, i noleggi di sci e slittini. Strutture demolite da periodiche colate laviche e sempre rimesse ostinatamente in piedi. Ogni volta è sempre un’emozione.


Essendo un giorno feriale, si vedono pochi turisti, la maggior parte escursionisti che partono da qui per raggiungere il cratere centrale a bordo di grossi bus fuoristrada. Qualcuno indossa la tuta da sci per proteggersi dal freddo. Chiedo a un ragazzo dall’accento campano di scattarmi una foto ricordo: “Saluta con la mano”, mi dice impugnando la fotocamera. In un attimo tutta la sua famiglia mi circonda per ammirare la Vespa e darmi calorose pacche sul casco e sulle spalle, esclamando “bravo guagliò!”.


Non riesco a trattenermi più di un quarto d’ora, fa freddo, non ho voglia di fermarmi al rifugio, piuttosto vorrei sfruttare il tepore del sole per la ridiscesa.
Riprendo la SP92 per lasciarla poche centinaia di metri più avanti, all’incrocio con la via Catania. Se avessi proseguito sarei arrivato fino a Zafferana Etnea, ma preferisco tornare giù verso Nicolosi.


Lungo questo versante, meno esposto ai raggi solari diurni, la neve ai lati della strada e oltre le barriere è più copiosa e lo scenario di nuovo unico: in un solo colpo d’occhio posso cogliere il candore accecante delle distese di ghiaccio, lo scintillio dei campi di lava, il verde delle poche pinete risparmiate dalle vecchie colate e il profilo spigoloso dei crateri che spezza il blu del cielo.


Sono circa le quattro del pomeriggio, tornando giù lungo la via Catania mi ritrovo anche a favore di sole (la schiena ringrazia) e persino sul lato panoramico della carreggiata. Sembra di viaggiare su un aereo in fase di atterraggio su Catania con vista a 360°: la terra e il mare si avvicinano sempre più, ma non ho ali, solo le piccole ruote della Vespa che, docilmente rallentate dal freno motore, scivolano verso valle.


Come tradizione vuole, la ridiscesa è molto più rapida. Superato Passo Cannelli, ricompaiono case e villette e, ormai vicino al paese, mi viene in mente di rivivere la vecchia tradizione, diffusissima tra i catanesi, di chiudere la giornata in montagna con il più classico dei peccati di gola invernali: la cioccolata calda al Bar Vitale. Un must. Qui la domenica pomeriggio, sciatori in tenuta da pista, bambini eccitati da postumi dello slittino, donne infreddolite dal vento gelido del vulcano, affollano i pochi tavolini del locale per riscaldarsi le viscere con la deliziosa bevanda. Ed io, di nettare degli dei non sono certo allergico, non mi risparmio affatto. Per qualche istante torno ad avere 14 anni: ordino una cioccolata calda con panna e pasticcini freschi e mi ristoro seduto a uno dei tavolini in ferro e ceramica decorata.


Il cerchio si chiude magistralmente: partenza e arrivo, da una pasticceria all’altra. La parte sud dell’Etna in Vespa è uno spettacolo per gli occhi e una garanzia per il palato.


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Informazioni utili:

Dove mangiare:
Hotel Ristorante La Nuova Quercia, C/da Piano Bottara, Belpasso – Etna (CT), tel 095 911277,
www.lanuovaquercia.it.
Costi del viaggio: carburante 6 euro. Torroncini, cioccolata calda e pasticcini 9 euro.
Chilometri percorsi: 37

Itinerario su Google Maps


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2 commenti:

  1. Anche se sono di Milano, non posso che commentare con : “bravo guagliò!”

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  2. Complimenti bel giro e belle foto !!!

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