Io odio l’autostrada. È una palla mortale, noiosa, monotona e puzza pure di gasolio. Con la Scrambler (per mia volontà) non riesco ad andare oltre i 110 km/h: per una volta il bicilindrico di Hinkley vorrebbe superare i 5000 giri in quinta marcia, ma io niente, proprio non riesco. Comprensibilmente, i miei amici e compagni di viaggio mi compatiscono, ormai hanno capito che è inutile sperare di vedermi sugli specchietti per più due minuti: li lascio andare alla velocità che vogliono, loro sanno che mi rivedranno spuntare solo al distributore successivo, per la pausa canonica dei 100 km, quando ormai avranno già bevuto l’ennesimo caffè e fatto un altro pieno ai serbatoi.
Oggi però, lungo la A25, in direzione Roma, provo qualcosa di diverso. Penso più del solito mentre guido. Calcolo a mente dopo quanti minuti raggiungerò gli altri, comparando le rispettive velocità in rapporto ai chilometri da percorrere. Tante le moto che mi sfilano lungo la corsia di sorpasso, i più salutano scuotendo la gamba destra, altri lasciano compiere questo gesto di solidarietà alle zavorrine. Le jap supersportive si riconoscono dal ronzio, nonostante il rumore del vento nel casco integrale limiti la capacità auditiva e impedisca di percepire il sibilo del mio stesso motore. Consigliati i tappi per orecchie.
Ho guidato in autostrada nel tardo pomeriggio, aspetto che ha reso il viaggio più stimolante del solito. Il sole basso, le nuvole tinte di rosso, i riflessi ramati della luce al crepuscolo che rendono vivaci persino i grigi muretti in cemento armato dei cavalcavia. E poi, quando le tenebre bussano alla porta del cielo, quel favoloso momento che segna il limite tra giorno e notte. La luce del faro anteriore inizia ad ingiallire l’asfalto, ma non è ancora così intensa da monopolizzare l’attenzione degli occhi come quando è buio.
Forse ho capito che persino l’autostrada ha un momento ideale per essere compresa da chi la odia. Al tramonto, al termine di un raduno o di una vacanza in moto. È un’ottima cornice per rivivere tutti i bei momento condivisi con gli amici o per rivedere tutti i paesaggi incantevoli che rapiscono gli occhi lungo le strade d’Italia. Peccato solo che al termine di ogni autostrada ci sia la coda al casello…
Ho guidato in autostrada nel tardo pomeriggio, aspetto che ha reso il viaggio più stimolante del solito. Il sole basso, le nuvole tinte di rosso, i riflessi ramati della luce al crepuscolo che rendono vivaci persino i grigi muretti in cemento armato dei cavalcavia. E poi, quando le tenebre bussano alla porta del cielo, quel favoloso momento che segna il limite tra giorno e notte. La luce del faro anteriore inizia ad ingiallire l’asfalto, ma non è ancora così intensa da monopolizzare l’attenzione degli occhi come quando è buio.
Forse ho capito che persino l’autostrada ha un momento ideale per essere compresa da chi la odia. Al tramonto, al termine di un raduno o di una vacanza in moto. È un’ottima cornice per rivivere tutti i bei momento condivisi con gli amici o per rivedere tutti i paesaggi incantevoli che rapiscono gli occhi lungo le strade d’Italia. Peccato solo che al termine di ogni autostrada ci sia la coda al casello…
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