domenica 30 settembre 2012

Motociclette a Honolulu


Un mese fa mi ero ripromesso di raccontarvi un’altra storia. Una storia semplice, fatta di pura osservazione, nulla di più.
Come molti altri simboli di libertà, la moto è un comune denominatore, una costante tra persone, paesi e culture. A cambiare è ciò l’utilizzo che ne viene fatto, l’interpretazione che le viene data. Mi incuriosisce osservare quanto in un luogo unico e speciale come le Hawaii - così distante da noi, esattamente dall’altra parte del mondo, a 12 ore di fuso orario – si possa avere una concezione della motocicletta fatta di sfumature leggermente diverse dalle nostre.
A O’ahu, l’isola dell’arcipelago hawaiano che ospita la capitale Honolulu, non ci sono tante motociclette. I giovani qui si muovono con i mezzi pubblici o con speciali bici su cui trasportano le loro tavole da surf pedalando. Oppure in furgone, su immarcescibili VW T3 d’epoca trasformati in pratici camper da parcheggiare lungo la strada di Waikiki Beach, accanto a uno dei tanti monumenti al surfista farciti di lei, le tipiche ghirlande di fiori hawaiane.


Lungo le strade turistiche della spiaggia più celebre dell’arcipelago riesco ad adocchiare un Harley Davidson Store, di fronte al quale fa bella scena uno degli ultimi modelli della storica casa di Milwakee. Si può persino noleggiare: sarebbe un sogno godere di uno dei luoghi più belli della terra viaggiando su due ruote, con il vento tra i capelli. Si perché le Hawaii sono uno degli stati americani dove ancora non è obbligatorio indossare il casco alla guida! Quando chiedo quanto costa il noleggio della moto per una settimana, mi rendo subito conto che è un lusso riservato solo ai ricchi turisti giapponesi e russi che affollano le boutique Gucci o Prada e gli altri negozi di lusso di Waikiki. Perciò, piuttosto, decido di investire un po’ di dollari in una stupefacente camicia hawaiana “personalizzata”… Scusate la qualità dell’immagine, ma volevo proprio mostrarvela.


O’ahu e le Hawaii sono posti dove le moto costano tanto e sono un capriccio: qui tutto costa caro, le isole sono molto distanti dal continente e il prezzo delle merci trasportate via mare cresce enormemente rispetto alla media americana. Questo paradigma però non sembra valere per le auto. Su un quotidiano di Honolulu leggo che lo stato hawaiano è uno dei pochi degli Stati Uniti in cui, in controtendenza con l’unione e con il resto del mondo occidentale, il numero di auto nuove immatricolate è in continua crescita. Non a caso sulla enorme highway a tre corsie, che dalla capitale dirige verso ovest, si muove un serpentone infinito di auto lente e ordinate. A sorpresa però, proprio sulla highway, noto un’insolita concentrazione di moto: ecco una Honda CBR 1000 e un pugno di Harley, una cavalcata da un centauro in divisa mimetica e anfibi da marine! Nel frattempo la guida che ci accompagna lungo il tour dell’isola spiega che gran parte del territorio hawaiano è occupato da basi militari americane in cui operano ben 300 mila uomini, ponendo al secondo posto della graduatoria delle principali industrie dell’isola proprio l’economia bellica. Insomma, gli unici che possono permettersi una moto alle Hawaii probabilmente sono i militari. Mi viene in mente un classico del cinema, “Ufficiale e gentiluomo”, con Richerd Gere e Debra Winger. Solo che Zack Mayo guidava un’inglesina e non una Harley…


Un altro luogo di Oah’u dove scovo qualche motocicletta, sia in movimento, sia parcheggiata nei tranquilli cortili davanti le tipiche villette in legno americane, è il quartiere residenziale lungo la strada che sale verso lo straordinario belvedere di Diamond Head. Su tutte una Triumph Thruxton rossa, sola soletta che sembrava chiedere solo di essere messa in moto più spesso.


Visito un’altra favolosa isola dell’arcipelago hawaiano, Kaua’i, l’isola giardino, così soprannominata per la vegetazione lussureggiante che invade le strade, divorandole. In giro solo muscolosi pick up V8 e colorate Mustang convertibili gettonatissime dai turisti. Avvisto degli strani scooterini con telaio allungato, come fossero custom, credo su base Honda Zoomer ma non ne sono certo.


Su quest’isola tutto scorre lentamente, come le onde calme che accarezzano le spiagge dorate tutte intorno. I severi limiti di velocità certo non favoriscono l’utilizzo delle due ruote: 25 miglia orarie in città e 50 su strade extraurbane. Andrebbe bene giusto un Piaggio Ciao.
Quaggiù il mezzo più adatto per godere a pieno della bellezza indiscutibile dei luoghi non è una Harley, una Ducati o una qualunque motocicletta, piuttosto una semplice tavola da surf. E per chi come me non va aldilà del SUP, basta anche una canoa.

Lascia il tuo commento al post
Torna alla HOME 
Vai agli ITINERARI 
Vai alle INTERVISTE 
Vai agli SPECIALI 
Vai alle CHART

Segui Conlamoto.it anche su:

lunedì 17 settembre 2012

Elogio (inatteso) dell’autostrada



Io odio l’autostrada. È una palla mortale, noiosa, monotona e puzza pure di gasolio. Con la Scrambler (per mia volontà) non riesco ad andare oltre i 110 km/h: per una volta il bicilindrico di Hinkley vorrebbe superare i 5000 giri in quinta marcia, ma io niente, proprio non riesco. Comprensibilmente, i miei amici e compagni di viaggio mi compatiscono, ormai hanno capito che è inutile sperare di vedermi sugli specchietti per più due minuti: li lascio andare alla velocità che vogliono, loro sanno che mi rivedranno spuntare solo al distributore successivo, per la pausa canonica dei 100 km, quando ormai avranno già bevuto l’ennesimo caffè e fatto un altro pieno ai serbatoi.
Oggi però, lungo la A25, in direzione Roma, provo qualcosa di diverso. Penso più del solito mentre guido. Calcolo a mente dopo quanti minuti raggiungerò gli altri, comparando le rispettive velocità in rapporto ai chilometri da percorrere. Tante le moto che mi sfilano lungo la corsia di sorpasso, i più salutano scuotendo la gamba destra, altri lasciano compiere questo gesto di solidarietà alle zavorrine. Le jap supersportive si riconoscono dal ronzio, nonostante il rumore del vento nel casco integrale limiti la capacità auditiva e impedisca di percepire il sibilo del mio stesso motore. Consigliati i tappi per orecchie.
Ho guidato in autostrada nel tardo pomeriggio, aspetto che ha reso il viaggio più stimolante del solito. Il sole basso, le nuvole tinte di rosso, i riflessi ramati della luce al crepuscolo che rendono vivaci persino i grigi muretti in cemento armato dei cavalcavia. E poi, quando le tenebre bussano alla porta del cielo, quel favoloso momento che segna il limite tra giorno e notte. La luce del faro anteriore inizia ad ingiallire l’asfalto, ma non è ancora così intensa da monopolizzare l’attenzione degli occhi come quando è buio.
Forse ho capito che persino l’autostrada ha un momento ideale per essere compresa da chi la odia. Al tramonto, al termine di un raduno o di una vacanza in moto. È un’ottima cornice per rivivere tutti i bei momento condivisi con gli amici o per rivedere tutti i paesaggi incantevoli che rapiscono gli occhi lungo le strade d’Italia. Peccato solo che al termine di ogni autostrada ci sia la coda al casello…

Lascia il tuo commento al blog

Torna alla HOME 
Vai agli ITINERARI 
Vai alle INTERVISTE 
Vai agli SPECIALI 
Vai alle CHART

Segui Conlamoto.it anche su:

domenica 2 settembre 2012

Motociclette a San Francisco


Ben trovati manici! Siamo quasi tutti rientrati dalle vacanze estive con una storia da raccontare, un carico di foto, e uno strato più o meno spesso di abbronzatura. È un’estate che passerà alla storia per l’abnorme rincaro del carburante, specie per chi ha scelto di tenere le ruote del proprio purosangue a motore entro i confini italiani. Ormai anche per le moto fare il pieno è un lusso per tanti.
Per le mie vacanze, la scelta è stata dettata da cause di “assoluta” forza maggiore… Dopo sei anni consecutivi, 'sta volta niente giro estivo in moto. L’inossidabile trip per le due ruote però mi ha accompagnato costantemente, spingendomi a viaggiare con la fantasia ammirando le moto degli altri e il loro modo di interpretare questa straordinaria passione.
Gli “altri” cui mi riferisco sono i motociclisti di una città affascinante a nord della California: San Francisco o, come adorano dire i cattivissimi membri locali degli Hell’s Angels, Frisco.


Qui l’utilizzo della moto sembra molto diffuso, nonostante il clima freddino non sia proprio favorevole. La particolare posizione della città la rende passibile di repentini cambiamenti di clima nell’arco della stessa giornata, anche nel periodo più tiepido dell’anno, ottobre. Di contro la configurazione toponomastica della città, caratterizzata dalle tipiche strade in salita (quelle che migliaia di volte abbiamo ammirato nei film americani, teatro di inseguimenti spettacolari tra sbirri e spacciatori che serpeggiano tra i cable car) scoraggiano l’utilizzo della bicicletta a vantaggio della moto.


Il centro di Frisco brulica di scooterini 50cc (molto diffusa la nuova Vespa, quella senza cambio al manubrio), ma anche di moped accuratamente personalizzati. A Chinatown ho visto circolare molti Piaggio Ciao, diversi dai nostri solo per una fanaleria “maggiorata” e per i pratici portapacchi anteriori.


Capitolo Harley Davidson. Le splendide creature di Milwaukee sono evidentemente diffusissime laggiù, a partire dalle Road King (grazie a Chinaski per la precisazione, nda) del SFPD, la Polizia della città, i cui agenti sono fieri e impeccabili centauri e inflessibili tutori della legge, in particolare del rispetto degli snervanti limiti di velocità e dell’obbligo di indossare il casco. Gli store Harley sono dappertutto (anche in aeroporto) e hanno in catalogo centinaia di articoli e gadget utili e futili, in perfetto stile consumistico yankee. Non so cosa avrei dato per incontrare un banda di harleysti brutti, sporchi e cattivi, ma ho incrociato solo qualche solista o un paio di coppie che andavano a passeggio a Castro.


Nei quartieri bene della città, davanti all’ingresso dei coloratissimi edifici vittoriani ad Alamo Square, ho scovato bellissime moto parcheggiate sottocasa, special su base jap due e quattro cilindri, Guzzi, Ducati, persino una Scrambler simile alla mia, ma anche qualche tipico esempio di moto dai colori kitsch tipica del mercato statunitense.


I biker americano sono mediamente molto più informali rispetto a noi, dello stile non glie ne frega molto. Alcuni customizzatori indipendenti creano stile senza neanche rendersene conto. Non sono tutti fighetti con la moto lucida, le Hogan ai piedi e il casco all’ultima moda.


Solo così si spiega la spontanea eleganza con cui un tizio in sella a una KLR 650, l’instancabile enduro monocilindrica Kawasaki, indossa con indifferenza a Downtown un completo da pista composto da tuta in pelle, stivali SIDI e integrale Shoei.


Per molti di loro la moto è libertà totale. L’esempio più esaltante? Un barbiere alternativo di Haight, a pochi isolati dalla casa dei mitici Grateful Dead, tiene la sua Kawasaki ZR-7 blu proprio dentro la sua bottega, a pochi centimetri da forbici e rasoi e dalla poltrona dove ai suoi clienti offre pelo e contropelo. Il desiderio di tutti noi: avere il proprio bolide sempre a fianco, a casa, in ufficio o in fabbrica…


Il carattere di San Francisco tuttavia è marcatamente ecologista. Così, non è difficile imbattersi in ciclisti irriducibili che ostentano slogan contro lo strapotere dei petrolieri e che convivono malvolentieri con i motori V8 degli enormi SUV Hummer o con i 1700cc dei Twin Cam Harley.


Ho visitato un’altra città americana quest’anno, Honolulu. Ma è un’altra storia.

Lascia il tuo commento al blog

Torna alla HOME 
Vai agli ITINERARI 
Vai alle INTERVISTE 
Vai agli SPECIALI 
Vai alle CHART

Segui Conlamoto.it anche su: