domenica 25 marzo 2012

Lazio: Il litorale pontino da Anzio al Circeo


Uno degli inverni più freddi degli ultimi anni sembra essersi chiuso e sono fiero di non aver pensato neanche un momento di mettere in rimessa la moto, di riporla sui cavalletti e scollegare la batteria. Anche durante le gelide settimane di febbraio, almeno di domenica, il twin inglese ha girato senza indecisioni.
Con le temperature sottozero ormai trapassate, inizio a pensare sempre più concretamente a nuovi itinerari da esplorare, solo che stamattina la malavoglia sembra aver avuto la meglio persino sulla smania della moto. Faccio più sforzo del solito, indeciso fino all’ultimo, ma alla fine, complici la caffeina e la carica calorica del tiramisù di Pompi, apro l’armadio e rinvigorito tiro fuori l’abbigliamento da moto. Voglio uscire e respirare.

I tragitti che fino a ieri mi frullavano per la mente erano prettamente montani, ma poi la telefonata di mia sorella ha ribaltato i piani: “ma vattene al mare ogni tanto, che è primavera”. È vero, arriverò da Roma al mar Tirreno, evitando i percorsi convenzionali, bypassando Ostia e Fregene, oggi probabilmente prese d’assalto da velone e vitelloni in coda all’assalto dei ristorantini sulla spiaggia.
Vivo da anni nella Capitale, eppure ancora non avevo mai guidato sulla via Laurentina oltre il GRA. Il tratto urbano è un labirinto di cemento fatto di semafori ogni 20 metri e snervanti rotonde. Dopo Trigoria si comincia a ragionare e la SP95b si fa persino spassosa, con ampie curve e saliscendi divertenti che costeggiano la Riserva Naturale di Decima Malafede. Una volta, come molte consolari romane, la Laurentina era una stretta stradina di campagna, adesso continuano ad aumentare la larghezza della carreggiata e l’asfalto ruba sempre più spazio alla terra ocra.
Passato il crocevia con la via Castelli Romani il panorama torna ad essere poco entusiasmante: agglomerati urbani, squallidi capannoni, fabbrichette, rivenditori di mezzi industriali, distributori di carburante, furgoncini dei panini, sedie vuote al centro delle piazzole di servizio. Indosso i paraocchi virtuali e accelero per raggiungere il prima possibile la costa. A Tor San Lorenzo inizio a sentire l’odore del mare e, stranamente, il vento, che fino a quel momento aveva soffiato deciso, si placa proprio in prossimità del mare.


Sono sulla via Ardeatina e decido di fare la prima sortita in spiaggia all’altezza di Lavinio. C’ero già stato in passato, in agosto, quando regnavano confusione e caos. Oggi invece ha un aspetto affascinante. Parcheggio la Scrambler accanto la riva, tra la battigia e la terrazza di una taverna marinara. Il mare è agitato e schiumoso, le onde rumoreggiano sul bagnasciuga, mentre a largo il blu del Tirreno risplende sotto il sole tiepido di marzo.


Questo tratto di litorale non è certo la Corsica: come in molte parti d’Italia, tra strada e spiaggia c’è uno strato di case orribili, eredità dall’abusivismo edilizio dei decenni scorsi e deprecabile costume che ha svalutato le nostre coste.  Entro ad Anzio, celebre per l’omonimo sbarco degli alleati durante il secondo conflitto mondiale. È ora di pranzo e dalle decine di ristorantini sulla spiaggia in piena attività, brulicanti di visitatori famelici, si spande un invitante profumino di frittura. C’è un gran passeggio di turisti della domenica e il centro del paese è giustamente interdetto ai mezzi a motore. Le spiagge non sono un granché, mentre è il Molo Innocenziano che esercita in me un fascino irresistibile, con i suoi pescherecci colorati, i frangionde assolati e gli immancabili pescatori armati di canna ed esca viva.


Incontro un gruppo di vespisti in tour, li seguo verso l’uscita del paese, respirando il fumo denso dei loro motori 2 tempi. Poco dopo li ritrovo fermi su un piazzale, intenti a scattare una foto di gruppo. Uomini, donne, giovani e attempati con un sorriso così, tutti orgogliosi del loro glorioso scooter.
Torno sul lungomare in direzione sud, passo la splendida Villa Borghese, meta di decine di estimatori del picnic domenicale, e presto giungo a Nettuno. Sono solo all’inizio del mio percorso odierno, così decido di non fare alcuna sosta in paese, oggi voglio godermi soprattutto la costa.


Mi avevano parlato di questa zona del Lazio ma l’idea che mi ero fatto del Poligono Militare di Valmontorio era decisamente sottodimensionata! In realtà è un’area enorme che si estende per una lunghezza di ben 10 km, un luogo incontaminato (da tutto tranne che dai pezzi d’artiglieria evidentemente…) interdetto al pubblico per ovvie ragioni di sicurezza. All’interno del Poligono è situata l’antica Torre Astura e si parla anche di una spiaggia straordinaria che gli amministratori locali vorrebbero riaprire ai bagnanti durante il periodo estivo. Peccato che il Ministero della Difesa sembri non essere d’accordo. E forse, per amor di natura, è meglio così.


Passo il suggestivo ponticello di Foce Verde, anch’esso frequentatissimo dagli appassionati di pesca con la canna, e dopo alcune centinaia di metri vengo scosso da un’inattesa indicazione stradale: tiro un frenatone, stropiccio gli occhi e sul cartello leggo “Centrale Nucleare”. What?!
Proprio così, a Borgo Sabotino, una frazione di Latina, resiste una vecchia centrale elettronucleare in dismissione: entrò in funzione, prima in Italia, nel 1964, fu chiusa nel 1987 ed è attualmente in fase di smantellamento. Gulp!


Già sento le radiazioni addosso, così mi tolgo dai piedi e spingo la Triumph verso il Lido di Latina, luogo ancora assopito dal letargo invernale ma frequentatissimo dai pontini nel periodo estivo (di giorno e di notte). Superata la schiera degli stabilimenti balneari semiabbandonati, non resisto a entrare in spiaggia con tutta la moto, per qualche numero da minchione col posteriore e per qualche minuto di sole sulla faccia. La riva è deserta, saranno tutti alle prese con la frittura. Il mare è bellissimo, il cielo limpido e in fretta dimentico l’incubo del vicino reattore nucleare.


Finalmente raggiungo il tratto più interessante, la cosiddetta Duna Costiera, uno stretto cordone di strada davvero suggestivo: a sinistra il blu del mare, a destra il verde palustre dei laghi. Da qui in avanti lo spettacolo sarà assicurato. Il Parco Nazionale del Circeo inizia a nord circondando il Lago di Fogliano, un modesto specchio d’acqua, frutto della bonifica che all’inizio del secolo interessò l’Agro Pontino. Poco prima del bacino successivo, il piccolo Lago dei Monaci, la strada si allontana dalla costa e penetra verso l’interno, ma qualche chilometro dopo è facile tornarci imboccando, sulla destra, la strada della Lavorazione. Costeggio un terzo specchio d’acqua, il Lago di Caprolace, e resto impressionato dall’infinito rettilineo pianeggiante, delimitato da cuscinetti di mirto e ginepro, bassi e compatti per resistere al vento e alla salsedine, che per chilometri si estende fino al Circeo. Un fondo stradale ideale per una cruiser, un’Harley, una Rocket III, una Victory: il rombo della moto e la strada dritta, gambe in avanti e gilet di pelle con le frange. 


Mi fermo spesso lungo la SP39, la sabbia arriva fino all’asfalto, quasi si fondesse col bitume. La spiaggia di Sabaudia è una delle più estese, pochi irriducibili prendono il sole, qualche kitesurf plana sul mare increspato. La litoranea è il regno della striscia blu estiva, durante la bella stagione probabilmente rappresenterà la prima fonte di entrate del Comune di Sabaudia… Il tratto a sud del paese, quello che costeggia l’omonimo lago, è il più mondano, le case al mare dei ricchi proprietari sono ben nascoste dalla vegetazione, tra la strada e la spiaggia, ma provate ad osservarle dall’alto su Google Maps e individuerete centinaia di villoni con piscina. Diciamo che anche qui l’abusivismo in passato ha avuto la meglio sulla natura. Purtroppo.


Più avanzo, più il verde dei lecci del Monte Circeo si avvicina imponente. La provinciale abbandona di nuovo la costa per scorrere a nord lungo il confine del parco. Dopo tante spiagge è il momento di qualche curvetta verso la cima, i tornanti stretti e senza barriere che si insaccano nei boschi sono un piacevole diversivo. Auto e moto affollano la dorsale panoramica del monte ne incontro parecchie lungo la salita che sbocca al Faro e a Punta Rossa.


Le quattro del pomeriggio: è il momento di visitare San Felice Circeo, sono stanco e non ho ancora pranzato. Scorro le antiche mura del centro storico e torno giù verso il porto turistico. Data l’ora, i gitanti sono tutti in piena digestione e ahimè le cucine dei ristoranti sul molo sono già comprensibilmente chiuse. Resta la soluzione bar. Via giacca, paraschiena, guanti e scaldacollo, consumo il mio pranzo freddo in riva alla spiaggetta con vista su Torre Fico. Accanto a me, due anziani pescatori, con il volto solcato dalla salsedine, condividono vecchie storie di mare seduti su una panchina.


Con la coda dell’occhio riesco persino a scorgere la moto, ferma sul cavalletto nel parcheggio del porticciolo e circondata come sempre da curiosi e ragazzini. Ho il sole in faccia e il mare davanti, una cornice speciale dove pranzare! Lo stomaco dovrà accontentarsi di un panino bufala e crudo, spremuta e gelato: oggi a saziarsi veramente sono stati gli occhi e lo spirito.

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Costi del viaggio: carburante 22 euro.
Chilometri percorsi: 140 (tot. a/r da Roma: 260).


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domenica 18 marzo 2012

Il vero motociclista


Le chiacchiere tra appassionati di due ruote sono uno dei tanti motivi per cui mi sento fieramente parte di questo poliedrico mondo, un sottobosco circoscritto ma dai contorni sottili e sfocati, che abbraccia anime e filosofie di ogni genere e colore. È l’eterogeneità nell’omogeneità, tipica di ogni comunità umana, diffusa anche tra noi amanti della moto. Ma esiste un metro per misurare chi è il vero motociclista? 

Thomas fa il commercialista. Da ragazzo ha studiacchiato sempre di malavoglia, preferendo tirar tardi la notte, trascorrere le estati nella casa in Liguria, far casino con gli amici. Ha quasi 40 anni e lavora nello studio di famiglia. Si permette il lusso di iniziare la giornata non prima delle 10, mangia sempre fuori casa, occupa il suo appartamentino solo per dormire o giocare alla playstation con i ragazzi del motoclub. Non ha una fidanzata, ogni tanto trova qualcuna che ci casca, ma quando la malcapitata tenta di fare ordine in quella vita disordinata, si ritrova poco dopo di nuovo single. Thomas vive con la sua naked 1000 sempre appiccicata sotto il sedere, se potesse la porterebbe tutte le sere con se in camera da letto. Quando è libero macina chilometri e chilometri, chino sull’anteriore ribassato della sua potente quattro cilindri. Non c’è weekend che Thomas non esca in moto avvolto dentro il suo completo in Goretex per percorrere almeno 200 chilometri, da solo o con il gruppetto dei suoi fidati comprimari, altri ricchi sregolati di città che tutte le volte che possono sfuggono alle responsabilità della vita tenendo a bada un motore da almeno 120 CV. Thomas è un vero motociclista perché nessuno usa la moto più di lui. Sempre e comunque.


Da ragazzino Angelo riparava le bici dei compagni di gioco in cortile. In cambio rastrellava pezzi di ricambio, fin quando, recuperato un vecchio telaio semi arrugginito, costruì una bmx tutta sua che andava veloce come il vento. Per anni ha campato lucidando cruscotti in un autolavaggio. Un amico aveva un vecchio Benelli usato che Angelo, dopo il lavoro,  si divertiva a smontare e rimontare completamente sotto la luce tenue di una lampadina da 60W, anche solo per dare una pulita alle candele zuppe di benzina. Con i risparmi di 10 lunghi anni di fatica a nero e grazie alle donazioni dei familiari, Angelo ha aperto un’officina nella zona industriale della città. È specializzato nelle moto italiane a carburatore, gira l’Italia tra un mercatino e l’altro per accaparrarsi pezzi rari per i suoi clienti migliori o semplicemente per abbellire le pareti del garage. Avrebbe desiderato essere capo meccanico per un vero team, ma non è andata bene. La sua officina è un culto tra gli appassionati di vecchie signore a due ruote made in Italy, ma a stento gli permette di pagare tasse e bollette a fine mese. Quando la domenica non lavora, salta in sella alla sua Morini 3 1/2 rossa è spinge forte fino a sollevare la ruota anteriore ad ogni cunetta. Angelo è un vero motociclista perché continua ad ostentare le unghie nere e conosce i motori come le sue tasche vuote.


Saetta crede di avere tanto manico ma non troppa fortuna. Ha iniziato correndo sulle minimoto, scontrandosi contro pilotini che pochi anni dopo avrebbe rivisto in tv sulle 125 2t del Motomondiale. Ha sudato per anni dentro la tuta di pelle, gareggiando in decine di competizioni e trofei italiani, senza mai riuscire a mettersi in luce: qualche piazzamento e molti infortuni. Prima la clavicola, poi la spalla e il polso. Una volta è stato anche investito in curva al Mugello ma ne è uscito sorprendentemente vivo.
Spende tutti i suoi risparmi nelle gare, tra gomme, iscrizioni e manutenzione. Sponsor pochi. Ogni tanto suo cugino, piccolo imprenditore edile, lo supporta con un’offerta in cambio di qualche biglietto di tribuna per i suoi clienti.
La moglie Gina lo segue ovunque, con dedizione mista a rassegnazione si occupa della modesta ospitality allestita davanti al furgone Daily che fa da officina e motorhome insieme. Nei weekend di gara, all’ora di pranzo, quando Gina fa rosolare sulla brace i suoi famosi spiedini di carne, tutti percepiscono la sua presenza.
Saetta è un vero motociclista perché continua a correre e a sudare con la stessa passione. Anche se la vittoria sembra non arrivare mai.


Quando è in Italia, per progettare i suoi viaggi in giro per il pianeta, Gas vive in una dependance accanto alla casa dei nonni, costruita proprio davanti al mare. Ha iniziato a capire che avrebbe dovuto prendere in mano la sua vita quando ai tempi della scuola, anziché andare a lezione, girava per il centro della città fotografando i colori dei mercatini rionali. Primo grande viaggio in Africa Centrale, al seguito di una no profit umanitaria, dove, oltre a comprendere il senso della vita, si innamorò delle esplorazioni su due ruote in sella a un monocilindrico 80cc di fabbricazione indiana, con cui effettuava le consegne per un campo profughi. Folgorato, chiese un prestito al nonno, acquistò una Kawasaki KLR 600 usata e si mise in viaggio, senza meta e senza tempo. Per oltre tre anni viaggiò lungo il continente nero, dove fu arrestato per presunto furto, bloccato alla frontiera con il Ciad, ricoverato per un mese in un ospedale da campo per una frattura e mille altre incredibili avventure. Oggi con la sua KTM Adventure realizza foto reportage come freelance per un paio di riviste tedesche. Nove mesi su dodici è in giro per il mondo e non ha nessuna intenzione di cambiar vita. Gas è un vero motociclista, perché per lui la moto è l’unico mezzo sul quale val la pena varcare ogni orizzonte.


Salvatore è un operaio di 45 anni. La sua passione per la moto è seconda solo all’amore verso la moglie e i due figli, Giordana di 4 anni e Vincenzo di 6. Fin da bambino collezionava tutti i numeri delle riviste specializzate, segue tutti i weekend Moto GP e SBK e conosce a memoria i nomi, i numeri, le moto e la storia di tutti i piloti famosi e di tutti i modelli sul mercato. Non ha mai potuto permettersi di acquistare una vera moto. Di questi tempi l’auto costa già una cifra ed è indispensabile per portare tutti giorni i bimbi a scuola, per accompagnare la moglie a lavoro e per andare in fabbrica. Prima di metter su famiglia riuscì a comprare una Vespa PX 200 beige, acquistata usata dal barbiere del paese, che tenne per un paio d’anni come un gioiellino. Oggi sogna di poter mettere le mani su una Honda Hornet 600 del 2001 che da mesi è in vendita nella concessionaria vicino casa. Quando la vede, sullo sfondo della vetrina, impolverata e snobbata dai clienti dello store, sogna di portarci la moglie al mare, di far giocare i figli sulla sella, di poter rimpiazzare l’alone di polvere con uno strato di Pronto Legno. Salvatore è un vero motociclista perché è meglio “essere senza avere” piuttosto che il contrario. Anche quando la realtà è così lontana dai sogni.


Proviamo adesso, dopo queste cinque  piccole storie, a metà tra finzione e realtà, a rispondere alla domanda d’apertura.

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domenica 11 marzo 2012

Facce da Moto Days


Nell’era di internet è sempre più facile comunicare velocemente e scambiare informazioni in tempo reale. Per questo mezzi come la carta stampata, quotidiani e periodici, perdono colpi e tentano di recuperare online. Il Moto Days 2012 ha aperto i battenti giovedì scorso e già nel primo pomeriggio dello stesso giorno circolavano immagini e anteprime confuse dedicate al salone capitolino delle due ruote. Sul web c’era già tutto ancora prima di poterlo vedere di persona: le moto, le novità, gli stand, le ragazze, le curiosità. È così che va. Onestamente ero stufo di pubblicare quattro foto buttate lì con la descrizione della rassegna più qualche commento strettamente personale. Tanto sapete già tutto. Perciò quest’anno ho deciso di raccontarvi i giorni romani della moto da una prospettiva inedita, quella di chi il Moto Days lo fa, ovvero appassionati come noi che in più hanno scelto responsabilmente di trasformare l’amore per la moto in qualcosa di serio e che quindi vivono il salone come un’esperienza molto impegnativa. Chi meglio di loro può snocciolare qualche rumors interessante sulla fiera, sui trend e magari sugli stand concorrenti? E poi, per me, il bello di queste manifestazioni è incontrare altri appassionati di moto, qualcuno con cui scambiare impressioni, sensazioni, esperienze, parlandone faccia a faccia e guardandosi negli occhi.
Il primo stand che visito è anche quello più opulento: dall’alto delle classifiche di vendita e del fatturato 2011, BMW sottolinea anche a Roma la sua indiscutibile leadership di mercato. Il candido stand del marchio bavarese è grande ed elegante, l’unico (o uno dei pochi) ad avere una lounge riservata. Sugli sgabelli del bar, di fronte ad ospiti comodamente stravaccati sui divani del salottino, incontro Alessandro Galli, responsabile vendite BMW Roma, un ragazzone abbronzatissimo, estroverso ed entusiasta del suo lavoro. Il suo punto di vista sul Moto Days non può essere che positivo, considerando la forza del marchio che rappresenta. Quella di Roma, rivela, è stata “la prima concessionaria BMW al mondo per numero di moto vendute nel 2011”. A un venditore così esperto quindi non posso non chiedere quale sia la formula per dare nuovo lustro al mercato motociclistico: “In questo momento economicamente delicato l’intero comparto dovrebbe restare unito. Nel nostro paese serve soprattutto che settori come le assicurazioni e i carburanti favoriscano l’utilizzo della moto. Gli ecoincentivi non bastano, occorrono più strutture, norme sulla sicurezza, educazione stradale ai giovani e incentivi fiscali per chi lascia a casa l’auto e sceglie di spostarsi in moto, favorendo così la mobilità urbana e contrastando il traffico nelle città.
Con soddisfazione Alessandro mi guida lungo lo stand indicando i modelli BMW più ammirati del salone: oltre all’atteso scooterone C 600 GT e Sport, tanto interesse anche per la nuova F 800 R, la G 650 GS Sertao, la S 1000 RR e le ambite 6 cilindri.
Quando gli chiedo di dismettere la maschera del venditore e di parlarmi delle moto che usa nella quotidianità, il volto gli si illumina: “Aspettavo con ansia questa domanda. Guido la mia splendida HP2 Sport tutti i giorni, ma ho la fortuna di possedere anche una custom BMW (probabilmente una R 1200 C, nda) e una RT, ideale per il turismo. Poi - non dirlo a nessuno - in garage ho anche una supersportiva gialla di fabbricazione non tedesca…”. Facile indovinare a quale marchio alluda: viva la sportività senza confini.


Manco a farlo apposta, il mio incontro successivo è con un giovanissimo rappresentante del marchio italiano più celebre al mondo tra gli amanti delle corse in moto. Lui si chiama Giacomo Romanelli ed è lo Store Manager di Ducati Roma: sono nello stand della rossa di Panigale. Giacomo è evidentemente alle prese con una responsabilità gravosa per la sua età, ma esprime grandi motivazioni. È soddisfatto di questa edizione 2012 del Moto Days: “Rispetto al passato, ho visto molti visitatori già dal primo giorno. E per il weekend è scontata la solita invasione di pubblico proveniente non solo da Roma ma da tutto il centro sud. Iniziative come quella di affiancare la rassegna Bici a Roma Expo al salone della moto sono molto efficaci”. La mia curiosità naturalmente è tutta per la moto più desiderata del momento, la 1199 Panigale: “Solo a Roma, in poco tempo, ne sono già state vendute diverse decine. Nonostante la crisi è una moto che sta andando fortissimo sul mercato proprio perché incarna lo spirito delle corse, marchio di fabbrica delle moto Ducati”. Ma non è l’unica a dare risultati e c’è una sorpresa: “Mentre continua il successo della Multistrada e del Diavel, a stupire è l’interesse fuori da ogni aspettativa che sta destando la Streetfighter 848: le prenotazioni per il test ride sono al completo da due settimane, siamo molto soddisfatti!”.
La chiacchierata con Giacomo si fa più informale quando parliamo di moto guidate: “Sono in sella dall’età di 4 anni, nelle mie vene scorre più benzina che sangue. Per 10 anni ho corso nel campionato Stock con ottimi risultati: 3° all’italiano e 5° all’europeo. Mi sono divertito tanto. Recentemente ho anche guidato la 1198 R del team di SBK Red Devils Roma con Niccolò Canepa. Nel quotidiano guido un Diavel, ma, conservando un’anima sportiva, vado spesso in pista con un 1198 S. Mi piace anche viaggiare e un anno e mezzo fa ho fatto un bellissimo viaggio tra Croazia e Montenegro sulla Multistrada: una bellissima esperienza”.


Al Moto Days si incontrano anche gli amici e il primo che passo a salutare è il buon Luigi Pierantoni del Motoclub XT500. Lui e il suo stand se ne stanno fieri alle spalle della sontuosa location Yamaha, insieme ad altri motoclub legati al marchio giapponese. Con Luigi la dimensione è più friendly e tutto si fa ancora più spassoso quando mi mostra la sua special su base Yamaha XT500: spettacolare e ammiratissima non solo da me ma da tanti altri visitatori buongustai. Nel giro di pochi minuti Fabrizio mi racconta una fiondata di aneddoti che resterei ad ascoltare tutto il pomeriggio, come quella volta in cui si fece modificare un serbatoio a Padova nientemeno che da Borile in persona, il quale finì persino per invitarlo a mangiare insieme pane e salame. Poi non perde occasione per invitarmi a trascorrere una giornata in officina con i ragazzi del moto club: credo proprio che presto lo farò molto volentieri. Infine ci confrontiamo sulle voci di insoddisfazione comune a molti espositori, soprattutto tra i piccoli e gli indipendenti, secondo i quali il Moto Days anche quest’anno è stata un’occasione sprecata: molti lamentano l’incomprensibile accostamento in spazi comuni tra stand puramente motociclistici e stand di tipologia completamente fuori contesto: venditori di panini, caramelle, formaggi e salumi. Come dargli torto.


Tra gli assenti eccellenti di questa edizione del Moto Days, gli inglesi di Triumph. Peccato, c’era molta attesa per la Speed Triple R e la nuova Adventure 1200: non si capisce se l’assenza sia stata motivata da tagli al budget della casa madre o da incomprensioni tra i concessionari romani. Per fortuna gli appassionati del marchio di Hinckley si consolano con lo stand di Triumphchepassione, dove si ritrovano tutti gli amanti delle inglesine: belle moto, bella gente e il motore 3 cilindri di un Tiger del 2007, fornito dall'irresistibile Gamberetto, indiscusso protagonista.
Poco distante da TCP faccio il mio incontro con un giovane imprenditore che proprio dalla passione per Triumph ha saputo trarre spunto per trasformarsi in uno dei creatori di special più affermati in Italia, Bruno Brunetta. Insieme al suo socio Daniele Bianchi, Bruno ha fondato Cafe Twin e al Moto Days espone una mezza dozzina di bellissime e originalissime special e cafe racer.
“Quest’anno il calo è evidente, non tra i visitatori quanto tra gli espositori. Soprattutto le case ufficiali, in tanti hanno rinunciato all’ultimo momento. Ma la crisi secondo me è soprattutto psicologica, tant’è che il numero di clienti del nostro marchio, provenienti da tutta Italia, è sempre più florido”. Poi chiedo a Bruno qualche segreto professionale: “Per preparare una special impieghiamo mediamente una ventina di giorni e non utilizziamo nessun accessorio ufficiale Triumph, disegniamo e progettiamo quasi tutto noi. Ultimamente il trend crescente è quello dei colori metal flake, molto seventies ed insoliti su moto sobrie come le Modern Classic Triumph. Mentre la trasformazione più richiesta è la variante Scrambler”. Anche Bruno vive il suo tempo libero in sella, sulla sua Thruxton: “Non rinuncio mai a un giro in gruppo o a un raduno, macino 30mila km l’anno solo di uscite domenicali!”.


Tra le case che offrono la possibilità di provare le moto nell’area esterna della Fiera di Roma su tutte spicca la mitica Harley Davidson. Non rinuncio a fare conoscenza con uno dei dealer più conosciuti in Italia, Stefano Lorenzini, il quale, insieme al compianto fratello, nel 1998 fondò la storica concessionaria Harley lungo la via Pontina, davanti alla quale ogni giorno migliaia di pendolari affogano tutte le ansie da automobilisti incazzati, imprigionati in code interminabili e snervanti. Stefano è soddisfatto del Moto Days 2012. Ne parliamo a voce alta, quasi urlando: a fianco al suo stand una cover band degli AC-DC suona sul palco a tutto volume. Le vendite tengono e la Forty Eight resta il modello più venduto in Italia. Mi racconta per filo e per segno tutte le novità in arrivo, come l’attesa Sportster 72, ma soprattutto mi mostra orgogliosamente la sua “Faina” una (pluripremiata, nda) special su base Fatboy del 2004 dedicata proprio al fratello scomparso: “A causa del mio lavoro non ho molto tempo libero, ma quando posso accendo la “Faina” e mi unisco ai ragazzi di Roma Chapter, il nostro club di harleysti che conta circa 200 iscritti”.


Prima di lasciare la Fiera ho un ultimo incontro in programma, con ben tre rappresentanti di Royal Enfield. Il marchio indiano si sta lentamente facendo largo tra gli appassionati delle moto senza fronzoli, “come quelle di una volta” sottolineano Domenico Ferri e Vincenzo Reale, rispettivamente dealer a Roma e Napoli: “Le Royal Enfield di oggi sono moto Euro 3 ma identiche a quelle del passato”. Entrambi sono soddisfatti dell’esperienza al Moto Days: “Quest’anno la rassegna è cresciuta e chi tra le case ha mancato l’appuntamento ha commesso un grande errore”. Insieme a loro anche Giada Braccini, dealer toscana, orgogliosa della Army: “È la Royal Enfield più ammirata al Moto Days e la più gettonata del mercato, non a caso ne guido una anch’io tutti i giorni. Le Royal sono versatili, maneggevoli, parsimoniose, si adattano a qualsiasi tipo di esigenza e per questo sono sempre più diffuse anche tra le donne”.


Avrei continuato all’infinito a fare nuove amicizie e a chiacchierare con loro. Però sono già passate cinque ore, le corde vocali sono giù di tono e bramano una tisana calda, mentre le gambe iniziano a chiedere una sedia o qualcosa del genere.
Mi ritaglio un ultimo momento di estasi, appostandomi dieci minuti davanti alla KTM di Cyril Despres, fresca vincitrice dell’ultima edizione della Dakar. Il pilota francese è assente: una chiacchierata con lui avrebbe chiuso al meglio la giostra dei miei incontri al Moto Days 2012.

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domenica 4 marzo 2012

Ghost Rider: il supereroe motociclista torna al cinema


Mesi fa su Facebook esplose la mania di sostituire l’immagine del profilo con quella di un personaggio dei cartoon o dei fumetti. Fu divertente l’amarcord di volti più o meno memorabili che giravano in bacheca: Paperoga e Pippo, Mazinga e Goldrake, Lamù e l’Ape Maia, Diabolik e Dylan Dog. La mia scelta cadde su un supereroe poco conosciuto in Italia: Ghost Rider, alias Johnny Blaze, un oscuro personaggio creato dalla Marvel Comics che, a causa di un patto con Mephisto, ogni notte si trasforma in un essere scheletrico dal teschio fiammeggiante e, in sella alla sua motocicletta infuocata, va a caccia di anime malvagie da restituire alla tenebre.


Qui da noi la popolarità di Ghost Rider si è diffusa nel 2007 grazie al cinema e all’omonimo film con Nicholas Cage, fan sfegatato dei fumetti Marvel ed interprete perfetto per il ruolo del tetro motociclista stuntman alle prese con la maledizione del cacciatore di taglie del diavolo.
Del personaggio di Johnny Blaze adoro la personalità a metà tra il cinismo e il sarcasmo e l’immagine della testa fiammante circondata da lingue di fuoco che spuntano dal colletto del bel giacchetto di pelle nera bruciacchiata. E poi a lui è dedicata "Ghost rider", una splendida e rara cover dei R.E.M., b-side del singolo "Orange crush", che canticchio continuamente quando vado in moto.


Dopo il lancio negli States, finalmente anche nei nostri cinema arriverà il secondo episodio della saga, per il quale Cage si è dimezzato il cachet (a 7 milioni di dollari…) pur di tornare a vestire i panni fumanti di Johnny Blaze. Ghost Rider – Spirito di vendetta (titolo originale, Ghost Rider: Spirit of Vengeance) uscirà nelle sale italiane il 23 marzo, persino in versione 3D!


La trama del film - l’incontro con un gruppo di monaci ribelli, il salvataggio di un ragazzino dalle grinfie del diavolo per liberarsi una volta per tutte dalla maledizione che lo perseguita - è secondaria. Il vero spettacolo saranno le attese scene che vedono lo scheletrico supereroe in azione sulla sua moto bruciacchiata. E qui la clamorosa novità: a differenza del primo episodio, in cui Johnny Blaze utilizzava un chopper Harley Davidson, fedele riproduzione della “Captain America” dall’enorme manubrio guidata da Peter Fonda nel cult movie Easy Rider, nel nuovo capitolo la moto protagonista sarà sorprendentemente una Yamaha VMAX, la muscle bike giapponese con il suo impressionante propulsore V4 da 1.679cc! E a quanto pare non si tratta di una marchettona a pagamento.


Sulla pagina web del quotidiano inglese Coventry Telegraph infatti, Nicholas Cage rivela: “È stato una spettacolo lavorare con la VMAX, una mia scelta. Non sono testimonial della Yamaha e non ho nessun contratto con loro, è in base alla mia esperienza di biker con tante moto diverse che sono arrivato alla conclusione che sia la migliore per questo genere di acrobazie. Puoi sfrecciare incredibilmente veloce e poi chiederle di arrestarsi immediatamente: qualunque cosa le ordini di fare, avviene puntualmente. Mi fido ciecamente della VMAX e non mi sono mai fatto male”. La cosa spassosa è che Cage ha una polizza assicurativa a sei zeri da rispettare e per contratto può guidare una moto solo durante le riprese di un film, per questo pur di divertirsi un po’ non ha esitato a reinterpretare Ghost Rider anche a cachet dimezzato, girando la maggior parte delle scene in motion capture e senza controfigure!
È uno di noi ed ha pure l’approvazione della sua zavorrina: “Mia moglie Alice adora le scene ad alta adrenalina girate sulla VMAX, va matta per quella moto, la trova sexy e vorrebbe farsi un bel giro”.


La Yamaha VMAX total black protagonista di Ghost Rider – Spirito di vendetta ha mantenuto le caratteristiche prese d’aria laterali accanto al serbatoio e i doppi scarichi originali ma è stata appositamente customizzata tramite una speciale vernice spruzzata sul telaio e su tutte le appendici per conferirle l’aspetto cattivo e bruciacchiato di un mezzo diabolico proveniente direttamente dall’oscurità delle tenebre.


Badtaste.it racconta come “la produzione del film le moto le ha proprio comprate”, se no sarebbe stato necessario inviare la sceneggiatura alle case costruttrici per assicurarsi che fossero d’accordo con l’uso fatto del prodotto. Così invece, la produzione è stata completamente libera di trasformare le VMAX a suo piacimento. Sempre secondo indiscrezioni, in alcune scene d’azione particolarmente impegnative la Yamaha VMAX è stata rimpiazzata con una Kawasaki KX da cross. Anche le due ruote hanno la controfigura… Nel film compare un'altra moto degna di nota, pilotata da Moreau, il monaco ubriacone complice di Blaze: una Ural Solo bianca del 2010 costata alla produzione circa 7000 euro.


Il rimpiazzo della Harley con la VMAX non è che la sorpresa più clamorosa del nuovo episodio di Ghost Rider. Scorrendo la lista degli interpreti, saltano fuori altre curiosità: non c’è traccia di quel capolavoro della natura di Eva Mendez, che nel primo film interpretava la prosperosa fidanzata del protagonista, mentre compaiono il redivivo Christopher Lambert, nel ruolo del perfido monaco Methodius, e soprattutto la bella Violante Placido nei panni di Nadya, la giovane mamma del ragazzino che il sinistro Johnny Blaze tenterà di salvare dal demonio. Pensate che figata se Cage avesse scelto un Ducati Diavel come nuova muscle bike per Ghost Rider! Sarebbe stato il massimo. Ma accontentiamoci, gli americani invidiano due cose all’Italia: “bikes and boots”. E questa volta hanno scelto solo le seconde.


Guarda il trailer in italiano del film

Fonte immagini: thespiritofvengeance.com

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