domenica 8 maggio 2011

Toscana: Argentario, una fortezza in mezzo al mare


La passione per la moto non ha calendari, né feriali né festivi. Quando puoi, prendi e vai. È un’energia che supera ogni barriera, ogni consuetudine, ogni conformismo. Quando racconterò ai miei che oggi ho trascorso il primo maggio in sella, rinunciando a partecipare comodamente a due eventi attesissimi nella capitale, come la storica beatificazione di Giovanni Paolo II e il concertone a San Giovanni, mi prenderanno come al solito per maniaco.
È la festa del lavoro, perciò per la mia giornata di riposo ho mirato più in alto possibile, uscendo dai confini del Lazio, schivando le dubbie previsioni meteo dei gufi e lasciando scorrere le ruote verso una meta che agognavo da tempo, Monte Argentario.
Mi sveglio presto, neanche dovessi seguire la Formula 1 in Giappone in diretta. Il sole è bello e potente, perdo un po’ di tempo a capire se è il caso di alleggerire o meno il mio equipaggiamento di viaggio.
Roma nord è semideserta, in molti hanno già abbandonato la città per evitare l’invasione di angeli (i pellegrini di piazza S. Pietro) e demoni (gli invasati di piazza San Giovanni). La massa è tutta concentrata al centro, attorno le stazioni e in zona Vaticano. L’autostrada Azzurra, la Roma – Civitavecchia, è vuota e assolata, pochi mezzi la percorrono in direzione nord, tanti i bus di turisti che viaggiano verso sud. Supero un sidecar BMW che avanza lentamente, saluto con la mano sinistra. In poco tempo sono a Civitavecchia e dopo un curvone scorgo già il mare, la dimensione che oggi mi circonderà per tutto il giorno fino quasi ad invadermi. È inaspettatamente una gran bella giornata, perfetta per la moto, e persino la SS1 Aurelia, da Tarquinia in poi, sembra pittoresca, sarà per il profumo inebriante di primavera, proveniente dalla zagara oltre il guardrail, o per i colori delle maglie delle decine di ciclisti in fila indiana che, alti sui pedali, sfidano tutta la propria resistenza sognando la maglia rosa.
Supero Montalto di Castro e Capalbio e in poco tempo sono ad Orbetello. Mi tornano in mente i tormentoni sul “Kitikaka” di Panariello: “si vede il marsupio?”. Faccio il pieno all’Agip, dismetto gli abiti pesanti e mi appresto a percorrere (rigorosamente in senso antiorario) il periplo di questo luogo straordinario, che, secondo la storia, ha ereditato il nome da una ricca famiglia di prestasoldi (gli “Argentarii”) e che in origine probabilmente era una vera e propria isola.


Mi lascio alle spalle il tombolo della Giannella, con i suoi pontili e le sue rimesse navali, e la baia d’Argento, già frequentata da pochi fortunati bagnanti alle prese con la prima tintarella dell’anno.
La tappa iniziale è Porto Santo Stefano. Mi precipito subito verso la biglietteria Tirrenia per tentare un’incursione mordi e fuggi sull’Isola del Giglio: un’ora di traghetto ad andare e un’ora a tornare, più altre due per girare l’isoletta… Impossibile prendere troppi piccioni con una fava, rimando l’approdo al prossimo giro.
La banchina del porto è già piena di yacht e gommoni, ma alla mondanità del lungomare, esaltata dallo stile coloniale delle signore e dai volti lampadati dei loro accompagnatori, preferisco respirare l’aria di mare dal molo, dove ormeggiano, basculanti sull’acqua limpida, colorati pescherecci con il loro carico di reti e il loro odore acre.


Agevolato dalla ZTL, ahimè ormai immancabile in ogni località turistica che si rispetti, mi perdo tra le viuzze del centro e finisco col perdermi. Vado in palla: mentre cerco la località Cannatelli, perdo totalmente la bussola. Ci metto un po’ a comprendere che è proprio questo il biglietto da visita dell’Argentario, una viabilità e un territorio organizzati per essere fruiti principalmente dai residenti, un’elite strettissima, molto ricca e gelosissima del proprio spazio. Ci si orienta per cognomi e non per luoghi: “Mi scusi, per Cannatelli?”, risposta: “Chi cerca?”. Non esistono indicazioni, la segnaletica stradale latita, quella esistente è vetusta, invisibile o microscopica. Sembra proprio che Il forestiero non sia il benvenuto.


Mi arrampico lungo stradine strettissime, spesso su un fondo di scivoloso cemento o di bitume dalla pessima aderenza, continuamente interrotte da pericolosi tornantini a gomito. A causa della pendenza al limite e nonostante la prima marcia cautelativa, durante le discese, incrociando auto o furgoni che arrivano in senso contrario, almeno tre volte perdo il posteriore.


D'altronde Porto Santo Stefano si estende in verticale su per la collina tutta intorno alla baia, una distesa di ville private super blindate, molte delle quali deserte seconde case di comodi fortunati benestanti. Anche il navigatore dell’iPhone va in tilt: checché ne dica Steve Jobs, non c’è segnale.
Dopo un irritante su e giù da e verso il centro, lasco perdere l’Argentiera e Cannatelli e visito la prima della lunga serie di fortificazioni della zona, la Fortezza Spagnola: gli interni e la meravigliosa vista sul mar Tirreno meritano ampiamente i 2 euro di ingresso.


Esco dall’abitato in direzione nord e finalmente mi immetto nella SP65 Panoramica, una strada che per diversi chilometri regalerà soddisfazioni sia alla ciclistica della mia Scrambler sia ai miei occhi. Supero la Torre di Cala Grande e costeggio il quadrante ovest dell’Argentario, una zona poco abitata e trafficata. Vorrei avvicinarmi ancora alla costa, discendendo i tornantini che conducono a valle, ma, all’altezza del Ristorante il Bottegone, una massiccia cancellata sbarra l’ingresso ai non residenti…

 
Proseguo lungo la panoramica, di fronte a me l’orizzonte si apre sempre più. Tiro la leva del freno e con un rapido movimento del piede sinistro appoggio la Triumph sul cavalletto laterale, proprio sul ciglio della provinciale, a strapiombo sul mare. Sono a Cala Moresca e la vista toglie via il respiro. Il cielo limpido e una tavola di mare si estendono a perdita d’occhio: in mezzo al blu cobalto del Tirreno, come due perle poggiate dalla mano esperta di madre natura, la piccola Isola Argentarola e la sagoma dell’Isola del Giglio. Dall’altra parte, le colline sono una distesa di verde lussureggiante in piena esplosione primaverile.


A Cala Piccola, mi tuffo giù a valle lungo la via Belvedere e di nuovo ritrovo un agglomerato di ville private, residence, accessi riservati e avvisi di “strada senza sbocco senza accesso al mare”. Quanto meno mi godo i ripidi tornanti, spezzati da lunghi rettilinei e da un paio di rallentatori pro forma.


Torno in cima sulla SP65: questa volta non voglio commettere l’errore di tardare il pranzo, anche perché, nel frattempo, sento un certo torpore al fondoschiena e una voglia immane di togliermi la giacca da moto, surriscaldata dal sole splendente. In località San Pietro, lungo la strada del Campone, mi ristoro a La Fontanina, non propriamente un’osteria da motociclisti, piuttosto un elegante bistrot all’aperto. Pranzo sotto l’ombra di un pergolato con vista mare (e vista moto), mi rilasso e gusto un piatto di tagliatelle fresche all’uovo con ragù di carne, fatte in casa e ricoperte da un abbondante strato del rinomato Pecorino di Manciano, e l’immancabile dolce della casa al cioccolato, nella fattispecie un semifreddo di mandorle affogato in crema di cacao. Il servizio è celere ed efficiente e l’oste e lo chef regalano anche un paio di sincere lusinghe al fascino della Scrambler.


Il caffè mi fa restare sveglio e mantenersi vigili è ciò che consiglio caldamente a chi, un giorno, volesse ripetere la mia stessa impresa folle: affrontare la famigerata Strada Vicinale di Scorreria! Il primo tratto non desta preoccupazione, anzi, il misto stretto favorisce una guida frizzante e divertente ed esalta l’erogazione fluida del twin britannico, regalando alle mie orecchie quel sibilo magico che adoro.


Va tutto bene finché, percorsi i primi chilometri, l’asfalto diventa strada bianca, la strada bianca si trasforma in sterrato e lo sterrato muta in una vera e propria pietraia. L’ironia della sorte vuole che l’unico cartello stradale dell’Argentario sia piazzato proprio lì, nel bel mezzo del nulla, a segnalare “strada dissestata per 7 chilometri”…


Quello che ti frega in questi contesti è che ti rifiuti di tornare indietro, vuoi procedere senza inversioni a U, “prima o poi tornerà l’asfalto” pensi. E invece no, solo pietre, nessun edificio nei dintorni e neanche un anima viva. Avanza il timore di forare una gomma con uno spuntone affilato, di scivolare su un masso, di danneggiare il motore. Avessi avuto tra le mani una stradale non avrei avuto altra scelta che rinunciare all’avanzata. Avessi auto tra le mani il mio TTR 600 mi sarei divertito ancora di più.

Ostinato, quanto incosciente, tengo in equilibrio lentamente la Scrambler lungo questa arteria deteriorata dalle intemperie, solo polvere e sassi, niente paracarri o muretti. Prima e seconda marcia, freno posteriore, guida in piedi sulle pedane, continue correzioni sul manubrio. Sudo sette camice, torno indietro nel tempo, lungo il sentiero corso che conduce alla spiaggia della Saleccia. Intorno a me, il mare mi ripaga con scorci panoramici commoventi. Raggiungo il massimo della tensione nervosa quando la strada si biforca in un bivio non segnalato: non ho una cartina abbastanza dettagliata, Google Maps è un miraggio, così, con un barlume di razionalità, scelgo di seguire i tralicci dell’energia elettrica.


Il timore di aver sbagliato strada si scioglie solo quando intravedo in lontananza un uomo che fa jogging, seguito a breve distanza da un fuoristrada. Poi una famiglia di escursionisti, quindi una MX5 con cappottina aperta parcheggiata. Ecco l’asfalto e il traguardo: sono a Il Carrubo. Di nuovo la strada verso il mare è interdetta ai non residenti, ma non importa: mi fermo all’ombra, raffreddo il motore, tolgo giacca e casco, mi asciugo, bevo e respiro. Non credevo che oggi un semplice giro si sarebbe trasformato in una sorta di Rally dei Faraoni…


Sono sul lato sud – est dell’Argentario ed è la volta di visitare i numerosi torrioni e le fortezze che circondano Porto Ercole. Ancora delusioni: gran parte di esse sono state acquistate da privati e trasformate in lussuose residenze esclusive, come nel caso di Rocca Spagnola e di Forte Filippo.


L’unica struttura pubblica è Forte Stella, appena ristrutturata con i soldi dei contribuenti, ma oggi stranamente chiusa al pubblico. Di contro, dai belvedere di ognuna della fortezze si ammirano panorami mozzafiato sul mare, su l’Isolotto e sulle banchine colme di barche della marina e di Cala Galera. Rinuncio alla visita di Torre dell’Acqua ed è ancora l’assenza di opportuna segnaletica a farmi smarrire lungo via dei Mulini.


Illuminato dalla luce dorata del pomeriggio, Porto Ercole appare ancora più suggestivo. A Porta Pisana faccio la conoscenza di tre anziane signore, che si fanno compagnia sedute davanti le porte di casa, e dei loro gatti sornioni, le vere attrattive dell’antico rudere.
Esco dall’abitato e, sfilando le numerose rimesse navali della zona, giungo in località Le Miniere, dove, sotto l’occhio attento della Forestale e della Polizia Locale,  carovane di cicloturisti, gruppi di scolaresche e anziani in gita parrocchiale vanno e vengono attraverso l’ingresso della Riserva Naturale della Feniglia, l’altro tombolo dell’Argentario.


Torno a nord sulla SP161 e imbocco il bivio a sinistra con la SP77. La pendenza aumenta rapidamente, la Scrambler prende quota in poche curve e la temperatura scende chilometro dopo chilometro, spingendomi ad accostare per rinfilarmi una maglia aggiuntiva sotto la giacca in cordura. Tanto, tantissimo verde: i rami degli alberi ai margini della provinciale sono talmente lunghi e fitti che formano tunnel naturali attraverso i quali i raggi solari non riescono a filtrare. Sono le 18 e, dopo una giornata no stop in sella, comincio a patire un po’ di stanchezza, tuttavia, dopo essere arrivato fin qui, non rinuncerei per nulla al mondo a toccare l’ultima meta del mio breve viaggio, Punta Telegrafo.


Guidare lucidi fin lassù a fine giornata non è proprio agevole, perciò, prima di salire ancora di quota, tra strettoie e tornanti, faccio una pausa spirituale per assicurare almeno la mia incolumità quotidiana a S. Paolo della Croce e alla Madonna del Monte Argentario, titolari del Convento della Presentazione. Poco più su, un altro luogo sacro che merita una visita, il Noviziato di San Giuseppe. Il tempo di una preghierina e via verso il punto panoramico di Punta Telegrafo, da dove probabilmente si ammira il panorama più straordinario della zona: un medico toscano incontrato sul posto mi rivela che nelle giornate con poca foschia si arrivano a scorgere contemporaneamente la costa toscana, le isole del Giglio e di Giannutri e, in lontananza, persino l’isola d’Elba!


Rientro ad Orbetello: ho proprio bisogno di un’ultima pausa per raccogliere tutte le energie, poi potrò spararmi i 140 chilometri di SS1 e A12 fino alla capitale. Mi siedo ad un chiosco di via Roma, mi sgolo un litro d’acqua e ricarico il livello di zuccheri nel sangue con un bel Cucciolone Algida. Accanto al mio tavolo due punk toscani annoiati bevono una Moretti commentando le forme delle passanti. Per strada i ragazzini sugli scooterini eleborati Polini ronzano intorno alle coetanee che passeggiano in piazza. Una coppia della Roma bene scende da una Porsche Panamera per informarsi sulle ultime offerte affisse sulla vetrine di un’agenzia immobiliare.
Indosso l’equipaggiamento da viaggio, rifaccio il pieno e sfreccio verso l’Aurelia. Esplorare l’Argentario è stato come noleggiare una Ferrari con conducente: puoi assaporarla, ma non conoscerla a fondo né possederla.

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Informazioni utili:

Dove mangiare:
La Fontanina di San Pietro, Loc. S. Pietro, Porto Santo Stefano (GR), tel. 0564825261, http://www.lafontanina.com/.  
Costi del viaggio: carburante 30 euro, pranzo e bevande 28 euro.
Chilometri percorsi: 90 (solo Argentario) - 370 (tot. da Roma A/R)
 


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10 commenti:

  1. lo prenderò in considerazione,sarà una delle prossime uscite..................

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  2. Bellissimo report!!! ricordo quelle zone con molto piacere avendoci vissuto per 4 anni ed esserci ritornato in moto nel 2008.

    Ti invito a visitare anche il mio blog, avente come tema sempre le due ruote :-)

    http://girandoinmoto.blogspot.com

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  3. Complimenti per descrizione e per la Scrambler, io vivo all' Argentario, come hai visto anche tu, qua è troppo tutto "riservato" a pochi vip che vogliono la sua privacy purtroppo, ma nessuno ci toglierà mai la bellezza dei nostri luoghi... una cosa: oltre che l' Elba, quando è chiaro, si vede benissimo anche la Corsica. Ciao.

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  4. Magnifico, veramente! E bene scritto, grazie per questo momente molto piacevole

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  5. Grazie amici, non potete sapere quanto il vostro sostegno mi lusinghi. Una carica in più per continuare ad esplorare i tanti luoghi straordinari del nostro paese!

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  6. alberto ottimo itinerario ed ottima descrizione come sempre... ma se avessi avuto una carotona trovando la pietraia sai che libidine!!! ;)

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  7. Mi fai venire la nostalgia di casa (per me l'Argentario e' casa). E' stato uno dei piu' bei viaggi in moto mai fatti.

    manco dalla toscana da troppo tempo...

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  8. Mi hai fatto rivivere le stesse emozioni e la stessa....aprrensione....per lo sterrato....affrontato nel 1981 con una Jawa 350 2T Californian.... complimenti per l'intensità del racconto!!!

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    1. Caspita, gran moto la Jawa! Complimenti a te. Se hai qualche immagine, ci farebbe piacere vederla sulla nostra pagina Facebook https://www.facebook.com/conlamoto. Oppure puoi inviarla a redazione@conlamoto.it. ;)

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