Tirar tardi in un locale dell’EUR pieno così di distrazioni, la notte prima di mettersi in sella, è l’ingenuità più frequente che possa capitare a un uomo. Le conseguenze si iniziano a pagare già al risveglio: poco c’è mancato che oggi lasciassi a casa anche la testa! Ho commesso due grandissime minchiate stamattina: una, ho sottovalutato i repentini ribaltamenti climatici tipici del mese di marzo, optando per i guanti in pelle primaverili anziché quelli invernali imbottiti; due, ho lasciato il paraschiena Dainese nel buio dell’armadio Ikea e il bello è che me ne sono accorto quando ero già a 100 km da Roma! Per queste due ragioni (il paraschiena, si sa, funge anche da tiepida panciera…) oggi ho sentito tanto, ma tanto freddo. Durante i primi 50 km, in particolare, ho guidato contratto come un pivello e rigido come una scopa. A scaldarmi, per fortuna, ci hanno pensato tutti quei bei pensieri e tutte quelle belle riflessioni che saltano fuori solo col casco in testa e con due cilindri sotto il sedere.
È mattina presto quando lascio Roma. Per un pelo non rimango imprigionato dall’insolita ragnatela di strisce di plastica gialla legate da un palo della strada all’altro e da una lunga barriera di transenne presidiate da vigili urbani e volontari. Che succede? Solo appurando la presenza di un banchetto di rifornimenti tra il Foro Italico e Ponte Milvio mi rendo conto che sono nel bel mezzo di quella che tra pochi minuti sarà una strada invasa da sportivi appassionati di corsa: oggi è in programma la Maratona di Roma.
Lascio la città dalla SS3 Flaminia, strada decente solo dopo aver superato Morlupo e interessante dopo aver passato Civita Castellana. Stranamente nella prima parte della mattina non incontro compagni di viaggio su due ruote, di solito si fa puntualmente vivo almeno un harleysta della domenica.
È mattina presto quando lascio Roma. Per un pelo non rimango imprigionato dall’insolita ragnatela di strisce di plastica gialla legate da un palo della strada all’altro e da una lunga barriera di transenne presidiate da vigili urbani e volontari. Che succede? Solo appurando la presenza di un banchetto di rifornimenti tra il Foro Italico e Ponte Milvio mi rendo conto che sono nel bel mezzo di quella che tra pochi minuti sarà una strada invasa da sportivi appassionati di corsa: oggi è in programma la Maratona di Roma.
Lascio la città dalla SS3 Flaminia, strada decente solo dopo aver superato Morlupo e interessante dopo aver passato Civita Castellana. Stranamente nella prima parte della mattina non incontro compagni di viaggio su due ruote, di solito si fa puntualmente vivo almeno un harleysta della domenica.
Supero il bivio per Orte e proseguo in direzione Terni, dove, almeno per oggi, non metterò le ruote. Sulla carta, la mia meta è più modesta delle Marmore o del Terminillo ma, dopo averla visitata in lungo e in largo, sarà annoverata tra quelle che non dimenticherò: il territorio di Narni e dintorni.
Dopo Magliano Sabina, mi lascio il Lazio alle spalle, entro nel verde lussureggiante dell’Umbria e in meno di 10 km sono ad Otricoli, un luogo difficile da pronunciare quanto facile da adorare. Prima di raggiungere il centro storico del paese, ricordo di aver sentito che da queste parti esiste una zona archeologica dal fascino raro.
Un indigeno mi indirizza verso un ovile e sono fortunato che il cane pastore questa volta mi resti indifferente. “L’anfiteatro sta di là ma è chiuso”, borbotta il fattore. Non mi do per vinto e, seguendo un sentiero, arrivo a un cancello accostato ma accessibile: è l’ingresso dell’Area Archeolgica di Otricolum, una delle città romane più interessanti del centro Italia, comprendente i resti dell’antica via Flaminia, dell’anfiteatro e del porto fluviale sull’antico letto del Tevere. Un’oasi di verde e di storia resa ancora più speciale dalla totale assenza di altri visitatori.
Otricoli, il borgo medievale posto a monte dell’area archeologica, è circondato da alte mura di tufo. Accedo al centro tramite la Porta Maggiore e, tra cortili, fontanelle e vicoletti, con un filo di gas conduco la Scrambler fino alla piazza antistante la chiesa di S. Maria Assunta. Molti gatti, grassi e sornioni, e pochi anziani sembrano essere gli unici abitanti del paese.
Piuttosto che rimettermi sulla Flaminia in direzione nord, decido di imboccare una stradina secondaria desolata, la SP71, che conduce fino a Calvi dell’Umbria. È già mezzogiorno, il sole tampona il mio deficit termico odierno. Sono felice: guido in terza marcia, immerso nel verde umbro e baciato dalla luce primaverile.
Eccomi a Calvi: due torri murarie e una porta medievale, tristemente celata dalla sosta selvaggia di alcune auto, mi danno il benvenuto. Gli antichi edifici sono tutti affrescati da colorati murales dedicati alla Natività. In centro, i quotidiani del giorno sventolano sui tavolini del bar e sgargianti cartelli VENDESI tappezzano gli angoli smussati dei vicoli.
Noto l’indicazione per Monte S. Pancrazio e la mia cartina mi dice che in cima all’omonima via dovrei trovare un santuario di montagna. La mia passione per le strade in pendenza non resiste e, senza pensarci troppo, ne inforco una tra le più assurde (in positivo) mai percorse: lunghi rettilinei, tutti in salita, interrotti da bruschi e ripidi tornanti, una carreggiata che non supera i 3 metri di larghezza e una barriera impenetrabile di vegetazione ai lati, talmente fitta che non riesco a scorgere nemmeno uno spiraglio di panorama: pare di essere dentro il labirinto magico di Harry Potter! Incrocio solo due KTM da cross di ritorno da chissà quale sfida sul fango.
Salgo, salgo, sempre più su, iniziando a capire il perché in cima a quella impervia salita ci sia proprio un santuario… Finalmente il traguardo e con esso la delusione: il santuario è chiuso e architettonicamente insignificante. Ma basta voltarsi dall’altra parte per trovarsi di fronte alla vera risorsa del monte: una moderna “cattedrale” di tralicci, antenne e ripetitori, perfetto emblema dello squallore ambientale.
Torno giù e seguo la provinciale Calvi – Narni, fino al bivio per la SP72, un’altra di quelle arterie che rendono l’Umbria speciale. All’incrocio dopo Itieli svolto a sinistra e, sostenuto da un'esplosione di misticismo, decido di trovare una risposta alla domanda: se San Francesco d’Assisi fosse vissuto negli ultimi cento anni, si sarebbe spogliato anche della motocicletta? Per scoprire quanto biker fosse il patrono d’Italia, mi dirigo a sud, supero il minuscolo borgo di S. Urbano e in poche curve giungo in un luogo paradisiaco di nome e di fatto, il Sacro Speco di San Francesco.
In questa isola di pace, ordine, preghiera e silenzio, valori profondamente rivendicati dai frati del convento, visito la cella del santo, con tanto di letto costituito da una dura tavola di pietra, lo speco, ovvero l’umida grotta dove si rifugiava in preghiera, e il suo albero di castagno, sopravvissuto nei secoli. Vivere un posto del genere è una cura per l’anima. Così, avvolto dall’aria di santità del convento e ammirato dal coraggio spericolato del santo, giungo alla personalissima conclusione che l’animo di Francesco d’Assisi era proprio quello di un antico biker. Esploratore dell’anima, non certo della strada.
Dopo aver nutrito l’anima ed accertato che anche il serbatoio della Triumph avesse “nutrimento” sufficiente a proseguire, è il mio stomaco a protestare. D’altronde sono le tre del pomeriggio… Torno indietro verso Itieli e percorro le belle curve lungo la provinciale cha passa da Altrocanto. In un momento di smarrimento, distratto dalla fame e restio a riprendere la cartina, ad un incrocio incontro un giovanissimo centauro, fiero a bordo della sua stilosissima Yamaha WR125X supermotard e abbigliato di tutto rispetto, con casco offroad, giacca e guanti tecnici. Gli domando la strada per Narni e generosamente si offre di farmi da “apripista” fino all’ingresso del paese. Percorriamo insieme un paio di chilometri a velocità moderata e in lui inevitabilmente rivedo me stesso alla sua età, quando a cavallo di un’Aprilia ETX 125 vivevo tutta l’ebbrezza e l’euforia dei 16 anni. Gli regalo una patch Conlamoto in segno di gratitudine, ma frettolosamente dimentico di chiedergli il nome, mi sarebbe piaciuto citarlo.
Narni è il centro geografico del nostro paese: meta perfetta per celebrare il 150° del Unità d’Italia. Basta un colpo d’occhio per notare due testimonianze del passato che ne caratterizzano il panorama: il Ponte Augusteo e il costone roccioso dominato dall’imponente Rocca Albornoz risalente al 1360.
Parcheggio di fronte la fontana di piazza Garibaldi, già popolata da un gruppo di Suzuki da strada, da una Ducati 1098, da un Ninja e da qualche immancabile sport tourer BMW. Mi sento affranto e, lasciata la moto, entro a piedi in centro per cercare un’osteria dove sedermi e rifocillarmi. Tutto chiuso, è normale alle 15.45!
Miracolosamente trovo quello che ogni motociclista desidera, ospitalità, buona compagnia e sapori genuini, nella bella bottega gastronomica di Cesare, un oste eccezionale a cui è stata dedicata persino una pagina su Facebook. Chiacchieriamo a lungo, io seduto su una sedia di legno e lui dietro il suo bancone carico di ogni bendiddio. Tra una parola e l’altra, affetta salumi e formaggi, mi offre degustazioni di ogni genere (da non perdere la torta Pasqualina salata farcita con Capocollo…) accompagnandole con spassosi aneddoti sulla sua vita di uomo e di motociclista. Da ragazzo, guidava le Bianchi MT61 dell’Esercito Italiano e una volta si regalò una potente KTM da regolarità per andare a cacciare nei boschi.
Miracolosamente trovo quello che ogni motociclista desidera, ospitalità, buona compagnia e sapori genuini, nella bella bottega gastronomica di Cesare, un oste eccezionale a cui è stata dedicata persino una pagina su Facebook. Chiacchieriamo a lungo, io seduto su una sedia di legno e lui dietro il suo bancone carico di ogni bendiddio. Tra una parola e l’altra, affetta salumi e formaggi, mi offre degustazioni di ogni genere (da non perdere la torta Pasqualina salata farcita con Capocollo…) accompagnandole con spassosi aneddoti sulla sua vita di uomo e di motociclista. Da ragazzo, guidava le Bianchi MT61 dell’Esercito Italiano e una volta si regalò una potente KTM da regolarità per andare a cacciare nei boschi.
Rifocillato a dovere dalle storie e dalle leccornie di Cesare e dopo un espresso stretto, indispensabile per tornare a “mettere le ali”, sgranchisco le gambe facendo due passi digestivi in piazza dei Priori per ammirare il palazzo comunale e l’antica Loggia.
Sono agli sgoccioli della mia ventosa domenica umbra, mi rimetto in sella e, superato Stifone, la via Ortana mi porta al bivio per Montoro. In pochi minuti compare all’orizzonte il profilo di una fortezza poggiata su un colle di arena gialla oro da cui il borgo prese il nome.
Un paio di chilometri e sono già davanti l’ingresso del Castello Baronale, un enorme spiazzo su cui affacciano anche la antica scuola e la facciata scintillante della chiesa baronale. Montoro ha un aspetto semi spettrale: gli edifici sembrano abbandonati, gli arredi urbani sono in evidente decadimento. Il castello è sbarrato ed è separato dalla piazza da un alto muro di pietra.
L’occasione è buona per socializzare con un gruppetto di simpatici centauri ternani non più giovanissimi, anche loro rilassati sulle panchine della piazza: “Sentito che freddo oggi? Siedi con noi a ripigliarti”. Tre uomini e una donna, e due moto tra loro agli antipodi, l’incompresa Ducati Multistrada 1000DS e un’infaticabile Kawasaki Z500 del 1983, abilmente restaurata dal proprietario. I ragazzi scansionano la Scrambler con gli occhi ed elogiano l’affidabilità del bicilindrico inglese. Ne nasce un’entusiasmante chiacchierata sui luoghi ternani da non perdere, la Valnerina, l’Orvietano: “Vienici a trovare su a Terni, ci vediamo tutti i venerdì sera (…). Non c’è ‘na domenica che ‘sti qua non stanno in giro sulle moto”.
Itinerario su Google Maps
L’occasione è buona per socializzare con un gruppetto di simpatici centauri ternani non più giovanissimi, anche loro rilassati sulle panchine della piazza: “Sentito che freddo oggi? Siedi con noi a ripigliarti”. Tre uomini e una donna, e due moto tra loro agli antipodi, l’incompresa Ducati Multistrada 1000DS e un’infaticabile Kawasaki Z500 del 1983, abilmente restaurata dal proprietario. I ragazzi scansionano la Scrambler con gli occhi ed elogiano l’affidabilità del bicilindrico inglese. Ne nasce un’entusiasmante chiacchierata sui luoghi ternani da non perdere, la Valnerina, l’Orvietano: “Vienici a trovare su a Terni, ci vediamo tutti i venerdì sera (…). Non c’è ‘na domenica che ‘sti qua non stanno in giro sulle moto”.
Sono ormai le sei del pomeriggio, il vento freddo proveniente da nord continua a soffiare e a disturbare il mio equilibrio termico sulla moto. Per limitare la carenza dei guanti invernali, indosso tutto il resto dell’attrezzatura che ho portato, passamontagna, scaldacollo, pantalone impermeabile. Stringo gli elastici ai polsi e chiudo le prese d’aria del casco. Torno giù verso la SS675 che porta a Orte. Mi illudo di dover prendere una decisione, ma so già bene che il freddo inatteso di oggi mi porterà ad evitare le correnti d’aria dei cavalcavia della A1 e a optare per una più mite via Flaminia. Lo scorrere lento del traffico sulla statale non mi spaventa, anzi sarà la guida che per mano mi riaccompagnerà senza pericoli fino a casa.
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Informazioni utili:
Dove mangiare:
Gastronomia Terra & Arte, vicolo Belvedere 1, Narni (TR), tel. 0744 726385.
Costi del viaggio: carburante 20 euro, pranzo e bevande 7,50 euro.
Chilometri percorsi: tot. 250
Gastronomia Terra & Arte, vicolo Belvedere 1, Narni (TR), tel. 0744 726385.
Costi del viaggio: carburante 20 euro, pranzo e bevande 7,50 euro.
Chilometri percorsi: tot. 250
Come al solito...report fantastico!!!
RispondiEliminaGrande ALB!!!
BRADIPO
Grazie Pietro: ci vediamo presto "on the road"... ;)
RispondiEliminaBellissimo report... e la febbre da "Scrambler" sale sempre più forte! :)
RispondiEliminaCaro Andre il tranquillo mondo delle MC ti aspetta a braccia aperte! Anche le zavorrine pare gradiscano il confort durante i trasferimenti. E poi ti ci vedo proprio sulla Scrambler! Grazie per il commento
RispondiEliminaBellissimo post, complimenti per il testo ed anche per le fotografie.
RispondiEliminaNon conosco i luoghi, ma dopo aver letto questo credo che ci farò una puntata anch'io.
Shane1
Non te ne pentirai Shane: belle strade, ospitalità e buon cibo... ;)
RispondiEliminaDavvero bello il report e anche le foto.
RispondiEliminaComplimenti!
Doppio Lamps.
Bel giro . Ti ho scoperto nel tuo post su Mototurismo , prima o poi ci becchiamo ( senza metter date e orari...) .
RispondiEliminaMarco
Molto volentieri Marco, grazie per il tuo commento ;)
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